Italiani all'estero legge da rifare
Brogli, candidati spesso sconosciuti, polemiche interminabili, modalità di voto complicate. È la legge sul voto agli italiani all’estero, messa a punto nel 2006 dall’allora ministro competente Mirko Tremaglia, e che da allora ha continuato a fare acqua da tutte le parti. Nel corso degli anni sono stata fatte modifiche, aggiunte postille e condizioni (anche perché spiegano dai palazzi della politica, cambiano le condizioni dei nostri connazionali che vivono fuori) di fatto però, questa legge si è rivelata un vero flop. L'ex esponente di An, ha fatto del voto degli italiani all'estero una vera e propria battaglia, ottenendo la modifica della Costituzione negli articoli 48 (istituzione della circoscrizione Estero), 56 e 57 (numero dei deputati e senatori eletti dai cittadini italiani all'estero). Questa opportunità si concretizzò a partire dalle elezioni politiche del 2006, quando entrò in vigore l'istituzione della circoscrizione Estero, con un voto effettuato per posta. Da subito, però, la macchina organizzativa mostrò molte carenze, aprendo la strada anche a ricorsi, con accuse oltre che di veri brogli, di improvvisazione, addebitabile soprattutto ai tempi stretti che si determinarono dall'indizione delle elezioni all'avvio della complessa macchina del voto. Durante lo scrutinio delle elezioni del 2006, si stava profilando un "ex aequo" per i seggi del Senato (dove si giocava la vera partita). In quell'occasione, i voti della circoscrizione Estero divennero fondamentali nel determinare il corso degli eventi. Alla fine furono eletti: 4 senatori per l'Unione, 1 per Forza Italia e 1 per Associazioni italiane in Sud America. Questo risultato, sfavorevole alla coalizione di centro-destra, avrebbe determinato un ripensamento del ruolo politico di Tremaglia nel partito. Il punto più alto delle polemiche fu toccato nel 2007 con lo scandalo raccontato da Repubblica. Un video girato in una casa australiana ("di Sydney" dice la voce narrante, che è di Paolo Rajo, candidato al Senato per l'Udeur all'estero), dove qualcuno, ripreso di spalle, ha davanti a sé un tavolo con sopra un mucchio di schede elettorali, che compila in blocco, assegnando voti e indicando preferenze in massa per l'Unione al Senato (scheda viola) e, per errore, per Forza Italia alla Camera (scheda arancione). Le schede vengono poi richiuse e sistemate nelle buste originali del Consolato e sigillate. Sono almeno un centinaio. «Il filmato l'ho fatto io stesso durante la campagna elettorale per le scorse elezioni politiche in cui io ero candidato al Senato nella lista Udeur di Mastella» spiega l'autore, che ripete di aver più volte denunciato al suo partito il fatto, invano. Un filmato descritto da tutti gli schieramenti politici (all'epoca era al governo Romano Prodi) come «sconcertante», con conseguente indagine da parte della Procura di Roma. Si arriva poi alle modifiche messe a punto dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio del 2008, per stabilire nuove modalità per il voto degli italiani all'estero. Anche se poi di fatto, l'interruzione anticipata della legislatura, ha bloccato qualunque iter di riforma. Per non parlare poi dei candidati. Spesso sconosciuti ai tanti prima di essere eletti, e anche dopo, molti restano nell'anonimato. Come non ricordare a questo proposito il caso del "senador"? Per l'esattezza, Luigi Pallaro, argentino e indipendente che nel governo Prodi si divertì a fare da ago della bilancia. Una cosa è certa: il sistema del voto per posta deve essere cambiato. Troppo facile, quasi un gioco da ragazzi, truccare. Basta passare di casa in casa a ritirare le buste in bianco, magari pagando qualcosa agli ignari elettori, compilarle e spedirle tutte al consolato. O magari stamparle per conto proprio e poi spedirle.