Berlusconi telefona e convince Gheddafi
Il Cavaliere è sceso in campo. Silvio Berlusconi ha telefonato a Gheddafi domenica sera e lo ha «convinto» recedere dall'ostruzionismo sulla questione dei visti. La crisi diplomatica tra Tripoli e la Svizzera rischiava di compromettere i rapporti con tutta l'Europa. Una telefonata che, secondo quanto ha riferito il giornale vicino a Saif al Islam Gheddafi figlio del Colonnello, rientra dei contatti periodici tra i due leader politici «nel quadro nel lavoro di coordinamento e di consultazioni continue fra loro riguardo le questioni regionali e internazionali di interesse comune». L'altra sera, dopo la partita del Milan, il premier italiano è entrato nel merito della questione «visti», riuscendo a ottenere la disponibilità di Gheddafi a chiudere il contenzioso. L'impegno personale di Berlusconi ha avuto riscontri positivi nella giornata di ieri. Mentre a Bruxelles i ministri degli esteri del'Ue cercavano di trovare una mediazione con la Svizzera, al centro della querelle con la Libia, a Tripoli gli avvenimenti subivano un'accelerazione. In mattinata la polizia libica aveva circondato l'ambasciata svizzera dove si erano rifugiati i due cittadini elvetici accusati di violazione delle leggi sull'immigrazione. L'assalto alla sede diplomatica è stato impedito grazie all'intervento di diversi ambasciatori europei. A questo punto i due svizzeri rifugiati nella rappresentanza diplomatica l'hanno lasciata. Uno, Rachid Hamdani, per partire alla volta della Tunisia e l'altro per consegnarsi alle autorità libiche, che lo hanno trasferito in carcere. Max Goeldi, aveva sottolineato in precedenza il ministro degli Esteri libico, Mussa Kussa, «deve scontare la sentenza», ovvero quattro mesi di carcere comminati per violazione delle leggi sull'immigrazione. Max Goeldi sconterà la pena nel carcere di Ain Zara, dove è a sua disposizione un interprete. La prova di forza libica è l'ultimo capitolo di una vicenda che cominciò nel luglio del 2008, quando la magistratura elvetica fece arrestare il figlio di Gheddafi, Hannibal, per maltrattamenti nei confronti di due domestici. La pubblicazione sui giornali svizzeri della foto di Hannibal in manette suscitò ulteriore irritazione nel Paese africano. Da bilaterale la crisi si è, poi, estesa ad altri Paesi dopo che Berna ha stilato una lista di 186 libici «non graditi» sul proprio territorio, tra cui la famiglia Gheddafi. E su questo si è scatenata la crisi dei visti. L'episodio di ieri mattina e l'ammorbidimento della linea dura libica grazie a Berlusconi, aprono uno spiraglio. L'intervento del premier italiano «ha fortemente incoraggiato Gheddafi a una soluzione consensuale e di questo i colleghi europei ci hanno ringraziato», ha confermato il ministro Frattini da Bruxelles. Il responsabile della Farnesina ha spiegato come si sia «vicini» a un accordo bilaterale fra i due Paesi che accolga anche «la richiesta libica di investigare sulla diffusione delle immagini prese illegalmente al figlio di Gheddafi quando si trovava in stato di detenzione in Svizzera». Ora il pressing è sulla Confederazione elvetica: «Speriamo che decida di lasciare cadere la cosiddetta lista nera Schengen allo scopo di evitare qualche forma di rappresaglia», ha auspicato il ministro Frattini. La Svizzera, però, sembra pensarla in modo diverso. «Solo la Libia è responsabile di questa situazione e delle sue conseguenze», ha affermato la presidente della Confederazione Doris Leuthard in un'intervista pubblicata dal quotidiano spagnolo El Mundo. Leuthard ha detto di sperare che la mediazione avviata «a nome dell'Ue» la settimana scorsa fra Berna e Tripoli dalla Spagna,(che ha la presidenza di turno dei 27) «sarà utile per dare una soluzione al problema».