Anche Fini rinvia i conti ad aprile
Gianfranco Fini mette i paletti. Vuole tornare a dettare la linea nel Pdl. E lascia capire che anche per lui i conti non sono chiusi ma solo rinviati. A dopo le Regionali. Intanto però il presidente della Camera rivendica pubblicamente, e finora ancora non l'aveva fatto, la svolta sulle liste pulite. L'ex leader di An va alla Versiliana e, intervistato da una giornalista di Repubblica spiega che «se domani il Parlamento approvasse, con voto di tutti, una leggina in cui si afferma che chi è condannato con sentenza definitiva per reati contro la Pubblica amministrazione non si può candidare per cinque anni, secondo me la pubblica opinione reagirebbe positivamente. Direbbe meno male e, quindi, le istituzioni politiche acquisterebbero un tassello di fiducia». E aggiunge: «Nel momento in cui si è condannati con sentenza definitiva per reati contro la Pubblica amministrazione non si può essere candidati per un certo periodo di tempo. Questo per sottolineare che non è una questione di opportunità ma di rispetto nei confronti del cittadino». Concorda con Berlusconi che non siamo di fronte a una nuova Tangentopoli, ma prende le distanze sottolineando che i magistrati che indagano sul terremoto dell'Aquila non si devono vergognare. Anche se subito dopo Fini osserva: «Il capo del governo è notorio che usi espressioni molto dirette perché ritiene di essere al centro di un particolare accanimento da parte di alcune Procure, ma al netto di questa espressione che lascia il tempo che trova, il compito della politica è quello di riformare la cosa pubblica e quindi di garantire che ci sia una giustizia in tempi brevi e certi ma anche che ci sia una giustizia autenticamente giusta basata su quell'equilibrio necessario che oggi molte volte non c'è». Il pensiero vola poi a dopo le Regionali: «Io spero che finita la tornata elettorale di marzo si parta immediatamente con un disegno di riforme partendo da ciò che ha una larga condivisione. Cominciamo a fare la riforma del Parlamento che comporta anche la riduzione dei parlamentari». E ricorda, come esempio, la bozza Violante. Ovviamente in un incontro pubblico il presidente della Camera parla di questioni istituzionali. Ma è sempre più evidente il suo interesse sul partito, sul Pdl. E in particolare sulla componente interna ex An. Fini non è soddisfatto della delegazione al governo. Lo ha ribadito più volte nei colloqui che anche in questi giorni ha avuto con alcuni deputati e senatori che singolarmente sta incontrando un po' alla spicciolata. Ma la sua attenzione non è tanto sul lavoro svolto, piuttosto su quanto si poteva fare. Vorrebbe un'azione più incisiva all'interno del Consiglio dei ministri, vorrebbe che i suoi alzassero la voce, si facessero valere. Almeno rivendicassero i successi quando portano a casa qualche risultato, senza lasciare troppo spazio alla Lega. E lo stesso vorrebbe vedere in Parlamento. Giorni fa, incitando un deputato a sbattere i pugni per modificare un provvedimento del governo, s'è sentito rispondere: «Presidè, ma io so' un parlamentare della maggioranza mica dell'opposizione». Il partito ne è la logica conseguenza. Fini sembrava, almeno fino a qualche settimana fa, fidarsi sempre meno di Ignazio La Russa. Si moltiplicavano le voci di un suo avvicendamento nel triumvirato con il fedelissimo Italo Bocchino (che tra l'altro fu relatore proprio della bozza Violante). Il vicecapogrupppo alla Camera considera il ministro della Difesa come un fratello maggiore e da tempo in giro ci tiene a spiegare: «Non farei mai nulla contro Ignazio». Insomma, non accetterebbe la staffetta se non in accordo con La Russa: Tatarella non sceglieva i pupilli a caso. La Russa, intanto, da giorni non riesce a spiegarsi perché dovrebbe essere messo da parte, per quale motivo. «Sono anni che mi faccio un mazzo così», è la frase che ha più ripetuto in questi giorni. Ironicamente aveva detto: «Forse mi tolgono perché sono troppo bravo». Ma nessuno l'ha colta così, anzi tutti l'hanno presa sul serio come fosse un passo indietro. E allora Ignazio ha smesso pure di scherzare. Il suo morale è passato dall'arrabbiato al furibondo. E ha cominciato la resistenza con tutte le armi possibili. È pur sempre il titolare della Difesa.