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Il capo della Protezione civile: "Non ho mai tradito la famiglia"

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Guido Bertolaso

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"Mi sento diffamato. Dipinto come il grande corruttore e il grande puttaniere. Questa è la pena maggiore da sopportare". Guido Bertolaso, l'uomo delle emergenze altrui ora deve affrontare la propria. Un'inchiesta giudiziaria che lo ha gettato nel frullatore mediatico della «colonna infame». Nel suo ufficio, la scrivania ingombra di carte e delle tante lettere ed e-mail di solidarietà che arrivano da tutta Italia. Su un tavolo il grembiulino donato dagli scolari della frazione aquilana di Arischia con i nomi scritti col pennarello, ultimo segno di stima e di affetto arrivato in via Ulpiano, sede della Protezione civile, lo stesso giorno dell'avviso di garanzia. Non è la prima inchiesta che subisce, ma questa volta è qualcosa di diverso? «Quella relativa all'emergenza-rifiuti mi ha lasciato abbastanza tranquillo. L'accusa che fossi al centro di un traffico di rifiuti dopo che li ho tolti dalle strade quando arrivavano al terzo piano dei palazzi, era abbastanza improbabile. Oggi è ben altro. È un autentico dramma per me che ho fatto, da sempre, dell'onestà e del rigore comandamenti da seguire, ritrovarsi additato come corruttore e puttaniere. C'è comunque da distinguere la vicenda giudiziaria da quella mediatica». In che senso? «L'inchiesta giudiziaria ipotizza che abbia avuto connivenze con alcuni costruttori e che facessi parte di uno schema finalizzato ad attività illecite. Tutto questo supportato dall'ipotesi di incontri a luci rosse ottenuti in cambio di favori. Questa parte giudiziaria è un gigantesco equivoco. Nulla è mai stato fatto di illegale. Poi, da questo fatto giudiziario sgradevolissmo, che spero possa essere chiarito in tempi rapidi, si arriva all'esplosione di una campagna mediatica che oscura i quattro arrestati e cinicamente punta su di me. Sostenendo che questo sistema da me messo in moto da otto anni, sia solo un meccanismo per distribuire soldi, per sprecare risorse dello Stato. Per vantare tutta una serie di realizzazioni fittizie». Lei si sente tradito? «Tradito no. Mi sento come chi sia stato preso in una rete distesa apposta intorno a lui. C'è un castello di menzogne e di calunnie che spero di chiarire. La campagna mediatica è del resto un'operazione politica tutta da dimostrare». La famiglia come ha reagito? «A casa è stato semplicissimo. La lettera che le mie figlie hanno scritto è chiara. Dimostra l'educazione che hanno ricevuto. La cultura che pervade la mia famiglia. La mia famiglia non si è sentita tradita. Neppure mia moglie». Quando ha parlato con loro? «Mercoledì mattina, quando ho ricevuto l'avviso di garanzia ho parlato subito con mia moglie. Tra l'altro era specificato in uno dei capi d'accusa lo "scambio di favori sessuali". Le ho detto che non ne sapevo nulla e ho ricevuto la piena solidarietà. Chiariamo. Non sono un santo e non ho mai avuto bisogno del portafoglio per avere certe prestazioni. Ci mancherebbe iniziassi ora». Come hanno reagito sua moglie e le sue figlie? «Mi hanno detto di tenere duro. "Non mollare. Stai sereno e fai quello che è necessario", sono le parole che continuano a ripetermi. Da parte mia ho cercato di blindarle cercando di non vedere i giornali, cosa che ho evitato anch'io. Troppo fango. Troppo squallore - Bertolaso fa una pausa, il pensiero corre alla sua famiglia - verrà il tempo dei chiarimenti e del giusto indenizzo». Questa volta voleva proprio lasciarla questa poltrona. Cosa l'ha fatta desistere? «Queste - batte la mano sui faldoni gonfi di corrispondenza -. Migliaia e migliaia di messaggi di solidarietà. Da tutto il Paese. L'ultima è una mail arrivata ora. "Sono lieto di averla conosciuta e di aver trovato un uomo di grande umanità e umiltà". É un maresciallo di un paesino vicino Rieti. Ecco questi gesti. I telefonini pieni di sms di stima. Questo mi ha convinto a restare».  L'inchiesta, però, rivela che la sua squadra in qualche modo ha ceduto... «Una squadra che gioca mille partite rischia di finire in fuori gioco. Il mio cerchio è compatto. Ho sempre pensato che per far funzionare la squadra la cosa migliore sia l'esempio. E io sono il primo a far sacrifici, ad arrivare prima in ufficio, sulle macerie. E questo vale ancora oggi». E allora il caso G8 a La Maddalena? «Sia chiaro che non voglio esimermi dalla mie responsabilità. I lavori alla Maddalena non li controllavo direttamente. C'era Balducci che, come ha detto lo stesso Di Pietro, era il massimo nel suo settore. I nostri rapporti erano cominciati giusto dieci anni fa con il Giubileo. Mai accaduto nulla. Mai pettegolezzi. Ora anche quell'esperienza è gettata nel frullatore mediatico». Quando chiarirà allora questo equivoco? «Non lo so. Sicuramente quando mi chiameranno i giudici». Si parla di una "triarchia" che con la Protezione civile gestiva ogni tipo di affari... «C'era l'esigenza di abbattere l'icona Bertolaso, indipendentemente dalla triarchia. Ho ricevuto attacchi anche da fuoco amico. Con Berlusconi c'è sempre stato un rapporto basato sulla trasparenza e la stima. Lo stesso avuto con Andreotti, Amato, Ciampi e con Prodi col quale mi davo del tu. Ora dopo che Berlusconi è uscito indenne dalle vicende dell'anno scorso si è voluto cercare di minare l'uomo del fare che è andato a L'Aquila 30 volte per controllare i lavori e vedere personalmente se la popolazione fosse soddisfatta. Chi parla di triarchi vuole colpire i due più concreti collaboratori, non politici, di Berlusconi. Gli unici non tutelati da una qualifica parlamentare». Cambierà qualcosa alla Protezione civile? «Non cambia nulla. Siamo abituati alle emergenze. Rifletteremo come far fronte a nuovi scenari. Quello che è accaduto avrebbe messo in ginocchio un elefante. Sono qui a lavorare e a organizzare gli aiuti per le frane in Calabria e in Sicilia dove domani (oggi, ndr) andrò per rendermi conto di persona di cosa c'è bisogno. Dobbiamo evitare che la macchina si inceppi. Fare chiarezza e attendere con serenità, dopo aver parlato con i magistrati, che la giustizia faccia il suo corso. Tutto quello che è stato scritto non sommergerà di fango questa struttura, la Protezione civile, che ci invidiano in tutto il mondo». Vuol dire che questa storia non l'ha scalfita? «Sono concentrato. Vede quanto lavoro c'è da fare. La Calabria, la Sicilia. L'Abruzzo, l'emergenza a L'Aquila non è finita. Quando è arrivato l'avviso di garanzia sarei dovuto andare a inaugurare alcune scuole, a verificare i progressi dei lavori. Ho dovuto rimandare. Barra dritta e andare avanti». Allora non è vero che Guido Bertolaso è un super-eroe? «Un'altra storia per mistificare. Bertolaso è un uomo che lavora con impegno. Però è vero, qualcosa è cambiato in me. Non sogno più. Ho smesso di sognare. Di pormi degli obiettivi e pensare a come raggiungerli e realizzarli. Non guardo più oltre la siepe. C'è solo l'oggi». E domani, quando lascerà la Protezione Civile? «Non ci penso. Spero di non portarmi dietro quest'inchiesta giudiziaria. Vorrei che tutto fosse chiarito al più presto. Per il Paese».

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