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In Parlamento c'è un cocainomane

Parlamento

Ma non è il solo che viene scoperto

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Ci mancava giusto la cocaina. E pensare che era un test volontario. Un modo per poter dire: io sono pulito. Poco più che una passerella. E invece, quando ormai tutti avevano dimenticato la processione di parlamentari che, tra il 9 e il 13 novembre, si sottoposero agli esami di urina e capello, ecco arrivare la sorpresa. Su 232 test effettuati uno è risultato positivo alla cocaina. Praticamente impossibile conoscere di chi si tratti. Dei testati, infatti, 176 hanno ritirato i referti e di questi solo 147 (ovviamente tutti negativi) hanno dato l'autorizzazione alla pubblicazione di nome e risultato. Il «colpevole» quindi, potrebbe rientrae sia nei 29 che vogliono tutelare la propria privacy, ma anche tra i 56 che non conoscono l'esito del test. Ergo, potrebbe non sapere di essere risultato positivo alla cocaina. Anche perché ogni referto è contrassegnato da un numero che è in possesso esclusivamente del diretto interessato. Perfino il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al contrasto delle tossicodipendenza Carlo Giovanardi, che tra mille polemiche lanciò l'iniziativa, è all'oscuro di tutto. Di più, quando ieri mattina gli è stato comunicato che c'era un positivo, ha detto subito al suo staff: «Non so chi è e non lo voglio sapere». Quindi ha cercato il sottosegretario Gianni Letta e ha telefonato ai presidenti di Camera e Senato per informarli che avrebbe reso pubblici i risultati. Risultati che Giovanardi considera comunque positivi. «Sono la prova - sottolinea - che il Parlamento non è un covo di drogati come alcuni avevano voluto dimostrare». Il riferimento è ovviamente alla trasmissione le Iene che, nell'ottobre del 2006, senza il consenso degli interessati e ricorrendo allo stratagemma di tamponi di sudore rilevarono 16 positivi su 66 parlamentari. Il sottosegretario rilancia poi la sua proposta che prevede l'obbligo per deputati e senatori di essere sottoposti obbligatoriamente al test antidroga. Mentre il collega di governo e ministro della Difesa Ignazio La Russa, che in quei giorni lanciò un'iniziativa analoga, fa sapere che la prossima settimana renderà pubblici i risultati, negativi, degli esami di 102 parlamentari. Ma la notizia del deputato-cocainomane, oltre a scatenare la curiosità dei colleghi, rilancia il dibattito politico. E non manca chi, come il segretario del Pri Francesco Nucara si scaglia contro Giovanardi: «La sua geniale trovata è servita soltanto a screditare ulteriormente la rispettabilità del Parlamento». Non la pensano così, evidentemente, tutti coloro che si sono sottoposti al test antidroga. Un'adesione assolutamente bipartisan. Fra i nomi, infatti, compaiono il presidente del Senato Renato Schifani, Paola Binetti, Pier Ferdinando Casini, Sandro Bondi, Cesare Damiano, Maurizio Gasparri, Enrico La Loggia, Ermete Realacci, Roberto Speciale, Lucio Stanca, Vincenzo Vita. Un «piccolo giallo», invece, coinvolge Antonio Di Pietro. A suo tempo il leader dell'Italia dei valori, non solo si era sottoposto agli esami, ma si era augurato che venissero resi noti i risultati di tutti e anche i nomi di chi aveva scelto di non fare il test. Peccato che ieri, quando è stata resa nota la lista dei 147, Di Pietro non ci fosse. L'ex pm si è affrettato a spiegare che lui aveva dato l'assenso alla pubblicazione dei referti e ha fatto sapere che, in caso di «disguidi burocratici» chiederà «oggi stesso, nuovamente, di rendere noti i risultati». Immediata la disposta del Dipartimento per le politiche antidroga: «Si fa presente che non risulta vi sia stato alcun disguido burocratico nei suoi confronti in relazione alla comunicazione degli accertamenti eseguiti, così come non è stata fornita a questo Dipartimento, a oggi, alcuna autorizzazione formale a rendere noto l'esito dell'esame. Si invita pertanto l'onorevole Di Pietro a ricontrollare l'avvenuto ritiro del test da parte sua».Anche il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, pur non comparendo nell'elenco, fa sapere di essere risultata negativa alle analisi e di non aver mai negato il consenso al test. Due indiziati in meno per i parlamentari che da ieri, hanno iniziato la caccia al «drogato».

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