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Berlusconi richiama il Pdl: "Basta con i giochi di potere"

Silvio Berlusconi

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Nessuna divisione all'interno del governo. Nessun cambio al vertice del Pdl. E soprattutto, basta con i giochi di potere. Con una nota scritta di suo pugno (per evitare fraintendimenti) Silvio Berlusconi smentisce le voci sulla sua insoddisfazione rispetto al partito e nel primo pomeriggio lancia un avvertimento che non lascia adito a dubbi. All'indomani dei tanti rumors su una possibile ed imminente uscita di Denis Verdini dal triumvirato di guida del Pdl, il premier difende il coordinatore e attacca chi usa la stampa per giochi di potere personali. Nelle sue parole c'è anche un allarme: così si rischia di incidere negativamente sul risultato elettorale. Parole pesanti, visto che per la prima volta Berlusconi ammette l'esistenza di faide e correnti interne alla creatura politica nata dall'unione di Forza Italia e Alleanza Nazionale. Non solo. Uscendo da Palazzo Grazioli, prima di partire per Arcore, approfitta della vigilanza dei cronisti sotto casa sua per precisare e chiarire ciò che ha letto sui quotidiani. Infatti, il premier non ha preso affatto bene nemmeno le ricostruzioni apparse su alcuni quotidiani in merito ai motivi che hanno portato al rinvio del disegno di legge contro la corruzione: «Siamo stati tutti insieme concordi di farlo più articolato; la prossima settimana penso che sarà pronto. Sono stato io a volerlo, io a proporlo e io poi, a seguito della discussione approfondita che si è svolta in Cdm, a ritenere che poteva essere migliorato», scandisce il Cavaliere. Nessuno scontro all'interno del governo, nessun ministro contrario, come invece si raccontava il giorno prima. Il capo del governo, dunque, conferma di voler dare un segnale al Paese, anche in vista del voto di marzo. Ed è questo il punto, il voto del 28 marzo. Sulle beghe interne al Pdl, l'irritazione per la lettura dei quotidiani non significa che Berlusconi sia pienamente soddisfatto di come funzioni il partito, quanto piuttosto che reputi estremamente dannosa l'idea che il partito, in campagna elettorale, si mostri disunito. Poco prima di uscire dalla sua casa-ufficio romana il premier aveva incontrato proprio Denis Verdini. «Non ci saranno cambiamenti ai vertici del partito, le notizie su cambi sono prive di fondamento. Non so da dove arrivino, ma è una disinformazione che i giornali fanno». Una difesa dirompente, che rischia di mettere a nudo le tensioni interne al partito ancor più di quanto non abbiano fatto gli articoli incriminati dal premier. Se è difficile stabilire quanto di vero ci sia nelle indiscrezioni trapelate, è certo che il premier ha messo il dito nella piaga. È molto difficile distinguere fra veleni e verità. Dietro i boatos del Transatlantico potrebbero esserci infatti solo livori personali o disegno di potere, come dice il premier, tesi a colpire il triumvirato di Sandro Bondi, Ignazio La Russa e dello stesso Verdini. Ma le voci che da tempo si rincorrono, e che puntualmente ritornano prima del voto, potrebbero anche aver un fondamento di verità. C'è chi giura che il Cavaliere abbia effettivamente storto il naso nel leggere le intercettazioni di Verdini, imputando al dirigente di aver speso il suo nome per ottenere e gestire potere. Altri raccontano con altrettanta sicurezza di un Cavaliere stufo dei continui contrasti fra Bondi, Verdini e La Russa. Così come degli attriti interni. Solo il tempo potrà dire come andranno le cose. ma sicuramente sarà un'operazione lunga e non immediata.

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