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PESCARA È il Gianni Chiodi che non ti aspetti, senza riserve, senza morbidezze istituzionali, pronto a oltrepassare ogni confine del politically correct

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Etutto per una tazzina di caffè. Neppure consumata. Nelle intercettazioni telefoniche dell'inchiesta sulla Protezione civile lui, Governatore della Regione Abruzzo, non ancora nominato Commissario per la ricostruzione, entra proprio per questo: per quattro battute al telefono con un imprenditore con l'invito a prendere un caffè e lo scambio di numeri di telefono. Un po' si è stupito, Chiodi, un po' no: «Sono certo di essere sotto controllo, naturalmente non lo so ufficialmente, ma non mi sorprende. Quello che non comprendo è perché il magistrato, dopo essersi reso conto che quella conversazione non ha avuto alcun seguito, abbia reso pubblica l'intercettazione: che senso ha? Devo pensare che lo scopo sia quello di evidenziare un teorema. Ma così si crea un clima di sospetto. Peraltro, in quel periodo non ero ancora commissario per la ricostruzione». Già la ricostruzione. Il problema delle infiltrazioni da arginare, della guardia alta da tenere, campanelli d'allarme, veri o sospettati, che suonano uno dopo l'altro. Gianni Chiodi: «Io so solo che mi aspetta molto lavoro. Noi faremo gare e non ci saranno scorciatoie per nessuno». I contatti con gli imprenditori? «Un presidente di Regione ha la responsabilità dello sviluppo e l'imprenditore è un interlocutore normale. Ci sono imprenditori onesti e imprenditori disonesti, così come ci sono grandi magistrati e magistrati che cercano solo visibilità. Certo, dopo queste vicende io sarò ancora più prudente, mi chiuderò ancor più in un bunker per evitare di dare adito a ogni sospetto. Lo dico sapendo che è ingiusto, ma è il male minore. So solo che hanno creato sfiducia verso gli attori della ricostruzione e questo comporterà da parte nostra maggiore attenzione, forse anche esagerata, e un rallentamento delle procedure. Non è di frenate che L'Aquila ha bisogno, ma di premere sull'acceleratore». Già, L'Aquila, la città sofferente rimasta sullo sfondo. Cosa prova il Commissario per la ricostruzione a leggere, nero su bianco, che quella notte, mentre le case crollavano, le persone perdevano la vita, nel letto qualcuno rideva? Gianni Chiodi: «Chi ha vissuto quelle prime 48 ore drammatiche, terribili, rendendosi conto di trovarsi al centro di una tragedia incredibile, non può non provare un forte senso di fastidio. E non voglio usare altre parole. Ma se ragiono in maniera distaccata, senza coinvolgimento emotivo, penso a un vecchio proverbio "occhio non vede, cuore non duole" e credo che in molti, quella notte, dopo le 3,32, abbiano pensato che quella scossa, quella tragedia, potevano essere un'occasione di lavoro. Non solo gli intercettati, molti altri». Crudelmente corretto.

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