Par condicio, il Pdl non molla Giallo sulle dimissioni di Zavoli
Quel regolamento, almeno per ora, non si tocca. Il Pd insiste per cambiarlo, Pdl e Radicali non demordono e rilanciano. Il che farebbe pensare che anche i vertici del centrodestra non intendono indietreggiare di un millimetro. Il primo assalto della sinistra televisiva è andato a vuoto. Non sono bastati gli appelli di Santoro, Floris, Annunziata e compagnia cantante contro le regole stabilite dal Parlamento. La riunione dell'ufficio di presidenza della commissione di Vigilanza si è chiusa con un nulla di fatto e Sergio Zavoli evita di chiedere all'ufficio di presidenza modifiche del regolamento sulla par condicio ritenendo la cosa di stretta competenza del plenum della Commissione. Una decisione che non solo suscita le ire del radicale Marco Beltrandi, relatore e autore del regolamento («Mi sembra scorretto convocare la plenaria su un tema su cui la stessa ha già deliberato»), ma che ha avuto strascichi anche all'interno della maggioranza. Ma che cosa è successo ieri pomeriggio a palazzo San Macuto? Il Pd, raccogliendo gli ordini di conduttori televisivi e della Rai, ha chiesto, con il capogruppo Fabrizio Morri, di cambiare il testo del regolamento. Come se non bastasse poi, informalmente, l'opposizione ha fatto sapere al Pdl che, se non si apporteranno le modifiche, Zavoli potrebbe dimettersi. Il presidente, nella riunione a porte chiuse, non ha fatto minimo accenno a questa ipotesi e il Pdl non s'è fatto intenerire. Il deputato Giorgio Stracquadanio ha commentato: «La storia delle dimissioni è un bluff. Io sono per andare a vedere». E il capogruppo, Alessio Butti ha mantenuto il punto talmente tanto ostinatamente che è difficile immaginare che a Palazzo Grazioli la pensino diversamente. Ed è dalle sue dichiarazioni che si capisce come, partendo dal regolamento in discussione arriva a mettere in dubbio la validità della stessa legge sulla par condicio: «Siamo soddisfatti per l'unanimità raggiunta nel dichiarare la par condicio una legge anacronistica. Se non va bene, anche il centrosinistra lo ammetta e mettiamo mano alla riforma della legge». Discorso diverso merita invece Giorgio Lainati, anche lui Pdl, vicepresidente della commissione. A quanto sembra, Lainati, pur non essendosi espresso pubblicamente, in virtù del suo ruolo istituzionale (è comunque il vice di Zavoli) sembrerebbe preferire un atteggiamento più morbido. Intanto, in un ultimo tentativo di difendere il regolamento torna a tuonare Beltrandi che si appella alle norme: «È bene tenere presente che la convocazione del plenum deve essere fatta almeno 48 ore prima, per essere valida. Se questo non viene rispettato anche la convocazione della Commissione, è nulla». L'orientamento, quindi dovrebbe essere quello di convocare il plenum la prossima settimana, forse già martedì 23.