Bertolaso sotto processo a Ballarò
Il suo rammarico principale, spiegano i più stretti collaboratori, è quello di non potersi presentare davanti ai magistrati per difendersi. Infatti, nonostante da giorni i quotidiani pubblichino notizie relative all'indagine che lo ha colpito, non è ancora chiaro quale sia la procura competente (alla fine dovrebbe essere Perugia). Guido Bertolaso lo dice apertamente, parlando in rappresentanza del governo, ai deputati della commissione Ambiente che stanno discutendo il decreto sulle emergenze. Un rammarico che il numero uno della Protezione trasforma in azione. E così, dopo aver risposto alle 10 domande che Eugenio Scalfari gli ha rivolto sulle pagine di Repubblica (ha lasciato passare meno di 24 ore) va in televisione a raccontare la sua versione dei fatti. E sceglie la platea di Ballarò. Per l'occasione Giovanni Floris prepara un'accoglienza con i fiocchi. Tra gli ospiti, oltre al ministro Raffaele Fitto, ci sono Antonio Di Pietro che, come un disco rotto, continua a chiedere le dimissioni di Bertolaso (ha anche presentato una mozione di sfiducia personale), la direttrice dell'Unità Concita De Gregorio e il senatore Pdl Mario Baldassarri che, per primo, ha reso pubblico il proprio malumore per la creazione della Protezione civile spa voluta dal governo. Il Pd, invece, si concede un giro di valzer. In un primo momento viene annunciata la «pasionaria» Rosy Bindi poi, a metà pomeriggio, tocca all'ex magistrato Luciano Violante, ma in serata, in studio, fa la sua apparizione il vicecapogruppo democratico a Palazzo Madama Luigi Zanda. A metà trasmissione c'è anche una telefonata di Eugenio Scalfari. Insomma, non proprio un consesso di amici. Guido non si spaventa. Toglie la giacca blu e la cravatta con cui si è presentato alla Camera, incassa il sostegno compatto del governo e del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che incontra per circa un'ora a Palazzo Grazioli, indossa il maglioncino con le bande tricolori e il simbolo della Protezione civile e va in trincea. Anche perché è subito chiaro che i presenti colpiscono lui ma il vero obiettivo, in fondo, è un altro: Silvio Berlusconi. Il «processo», infatti, si apre con l'interrogatorio del principale accusato cui vengono rinfacciate le mancate dimissioni. «Le ho date - spiega Bertolaso - 5 minuti dopo che i carabinieri mi hanno consegnato un avviso di garanzia. Il governo ha respinto le mie dimissioni e, fino a quando non le accetterà io sono costretto a portare avanti le mie attività». Il sottosegretario aggiunge però che, se in un primo momento la sua intenzione era quella di lasciare ad ogni costo, ora è «determinato ad andare avanti». Anche perché il suo compito principale, oggi, è quello di «ristabilire la verità e recuperare la dignità e l'onore» delle persone che lavorano con lui in Protezione civile. Bertolaso attacca coloro che ridevano durante il terremoto dell'Aquila («dovrebbero essere cacciati dall'Italia»), ammette di aver ricevuto come regalo «al massimo due bottiglie di vino» («quelli con valore più elevato li ho rimandati indietro»), ricorda che lui è solo un «tecnico» e che fu proprio il governo Prodi ad affidargli i lavori della Maddalena di cui ha sempre garantito la trasparenza al punto che, quando scoprì che De Santis aveva gonfiato i preventivi, lo cacciò immediatamente. Ma non basta a farsi assolvere dalla giuria di Ballarò. Di Pietro insiste con la necessità di dare e confermare le dimissioni. Per De Gregorio la domanda è una sola: come ha fatto a non accorgersene? Versione riveduta e corretta del «non poteva non sapere» tanto caro al pool di Mani Pulite. Anche il «mite» Zanda non resiste a attacca Bertolaso. Sotto accusa c'è soprattutto il suo «potere eccessivo», il suo doppio ruolo di controllore e controllato. Ma chi è la causa di tutto questo? Ovviamente il cattivo Silvio Berlusconi.