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Il pm anti-Fitto alla corte di Di Pietro

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Antonio Di Pietro

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Altro che partito. Con il passare degli anni Antonio Di Pietro sta trasformando la sua Italia dei valori in un pool di magistrati. Alla prima occasione ne infila uno in lista. Le ultime europee erano state il trampolino di lancio per Luigi De Magistris, le prossime Regionali segneranno l'esordio del sostituto procuratore di Bari Lorenzo Nicastro che guiderà l'Idv in Puglia. Niente di male. Le Aule del Parlamento sono piene di magistrati prestati alla politica anche se questo dovrebbe far riflettere sull'indipendenza del potere giudiziario da quello legislativo.  Ma la vicenda Nicastro è un caso di scuola. Il magistrato barese, 54 anni con 23 di onorata carriera (più 6 da avvocato), ha trascorso gli ultimi tempi ad occuparsi di reati della pubblica amministrazione. Ed è in questa veste che ha condotto due indagini che hanno portato nel 2009 al rinvio a giudizio del ministro per i Rapporti con le Regioni ed ex governatore pugliese Raffaele Fitto. La domanda nasce spontanea: è opportuno che un magistrato si candidi nella Regione dove ha condotto inchieste così delicate? Per Di Pietro ovviamente sì: «La vergogna non è che un magistrato si candidi ma che una persona come Fitto, con tutti i problemi giudiziari a suo carico non ancora risolti, occupi un ruolo di governo. Noi siamo orgogliosi di candidare le persone perbene che hanno fatto della legalità un modus operandi e siamo sicuri che sapranno rappresentare le istanze dei cittadini. Purtroppo nel Pdl questi valori non sono di casa». Peccato che il presidente dell'Associazione nazionale magistrati non sia dello stesso avviso. «Il diritto all'elettorato passivo non può essere negato ai magistrati - spiega Luca Palamara -. Tuttavia non sono opportune candidature nei luoghi in cui il magistrato ha esercitato la giurisdizione o è stato titolare di delicate indagini. Deve inoltre costituire serio momento di riflessione all'interno della magistratura il rientro in servizio del magistrato che ha svolto un mandato elettorale». Che tradotto vuol dire: è meglio che Nicastro e coloro che scelgono la politica lascino la magistratura per sempre. E mentre Tonino sottolinea che «tutti coloro che sono stati candidati tra le nostre fila hanno poi lasciato la magistratura», il giudice barese preferisce non pronunciare la parola «dimissioni». «Non so cosa farò da qui a 40 giorni - dice intervistato da Antenna Sud -, da qui ad un anno». Nel frattempo contro Nicastro si scaglia Raffaele Fitto: «Ha indagato su di me per nove anni e sostenuto le accuse nei miei confronti fino a qualche attimo fa. Ora si candida con l'Italia dei valori. Questo rende evidente una barbara commistione tra politica e giustizia». Ma anche all'interno del centrosinistra la candidatura di Nicastro non genera entusiasmo. Dopotutto il magistrato si è occupato pure delle inchieste sulla Sanità che hanno coinvolto alcuni esponenti della giunta Vendola. E l'impressione è che, candidandolo, Di Pietro abbia voluto mettere un «suo» uomo a guardia di Nichi. Di certo c'è che, di questo passo, Tonino sarà obbligato a cambiare il nome del suo partito. Da Italia dei valori a Italia dei verbali. Di interrogatorio.

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