Roma? No, è Milano "magna magna"
Un consigliere comunale in prigione. Un consigliere regionale in cella. La moglie di un pezzo da novanta del Palazzo dentro e poi fuori. Inchieste a raffica e sinistro clic clic di manette. È Roma ladrona? No, è «il magna magna di Milano», cuore della Padania felix, modello di gestione della cosa pubblica, capitale morale del Paese, icona dell’etica, stella polare della Lega. Il Corriere della Sera ieri titolava: «Mani Pulite? Non è mai finita». Vedremo, interessante per noi è che la retorica contro Roma origine di tutti i mali e il teorema vecchio come il cucco che la corruzione sia un fenomeno al di sotto della linea gotica vanno miseramente in fumo. Appena l’altro ieri il ministro Roberto Calderoli, per ragioni di bottega elettorale, diceva che «l’unità d’Italia esiste solo sulla carta» e spronava - buonanima - il Sud a «dotarsi di una nuova classe dirigente». Visti i fatti e i misfatti, quella del Nord non appare così immacolata. Sia chiaro: la Lega è un partito ben organizzato, i suoi dirigenti sanno come si fa politica, ma dopo sedici anni di nuovo centrodestra, la «retorica del Nord» è da archiviare. Il direttore de Il Tempo conosce Milano e le sue istituzioni: hanno ben poco da insegnare e molto da imparare da Roma. Roma si candida alle Olimpiadi del 2020? Ecco la Lega non solo schierarsi per Venezia ma contrastare le aspirazioni della Capitale con una serie di attacchi segnati dal luogocomunismo su «Roma ladrona». Roma vuole organizzare un Gran Premio di Formula Uno all'Eur? No, s'inalbera Formigoni che vuole veder sfrecciare le Ferrari solo a Monza. Il vade retro alla Capitale viene giustificato con una sorta di superiorità antropologica del Nord su Roma, un pregiudizio morale che somiglia tanto a quello coltivato dalla sinistra nei confronti della destra. In entrambi i casi la storia si è incaricata di sfatare i miti e di rimettere le cose a posto: Milano sembra tornare punto e a capo alle banconote nel cesso di Mario Chiesa (1992); la sinistra «diversa» di berlingueriana memoria effettivamente s'è scoperta diversa da come la immaginavano gli ingenui militanti: è finita sotto un trans con Marrazzo (2009). So di interpretare il sentimento dei lettori de Il Tempo. Nei giorni scorsi ho scritto che una delle missioni di questo giornale sarà quella di demolire i luoghi comuni contro la Capitale. È una battaglia culturale che merita di essere combattuta, perché riguarda l'identità stessa della nazione. Sulla mia scrivania c'è un libro intitolato «Italianità», scritto da Silvana Patriarca, una docente italiana che insegna a New York. Il volume ripercorre «la costruzione del carattere nazionale». Gioberti per esempio sosteneva che il cuore del Paese è nel centro della Penisola, a Roma e Firenze «i due centri indivisi della lingua, della civiltà, della religione». Sempre Gioberti sosteneva che piemontesi e napoletani erano agli antipodi ma si compensavano: «I napoletani sono l'opposto dei piemontesi e peccano per eccesso, come questi per difetto». La varietà dei caratteri di un popolo finiva per compensarsi e fare quel che si chiama nazione. Indro Montanelli, un grande italiano, negli anni Cinquanta diceva che «sotto tante magagne politiche, economiche e sociali, c'è in questo nostro Paese un fondo umano e civile, un'antica e ancestrale gentilezza che finisce per riscattare, almeno in parte, i nostri spaventosi difetti». Spaventosi difetti che non sono solo di Roma, ma dell'intero paese. Subito dopo l'arresto del consigliere comunale di Milano, Milko Pennisi, si è aperto un dibattito per la verità già visto negli anni passati. Giustamente il sindaco Letizia Moratti ha detto di sperare in un «caso isolato». Lo speriamo pure noi. E siamo d'accordo con Maurizio Gasparri e Pier Ferdinando Casini quando sottolineano che la «questione morale esiste» e «le persone che sbagliano vanno punite». Nessuno però ha messo debitamente in evidenza la regola dei due pesi e due misure che è stata applicata alla Capitale in questi anni. È un dato notevole per dibattere in un Paese che deve celebrare proprio quest'anno i 150 anni della sua unità. Salvaguardare l'immagine di Roma, ricordare il suo patrimonio storico e culturale, non lasciarla in balìa di lotte fratricide (vedere alla voce Olimpiadi) ma sostenerla con forza dovrebbe essere la missione della politica. I giornali possono, al massimo, raccontare e mostrare le contraddizioni di certi schemi mentali. Noi lo faremo, con pazienza e tenacia. Ne abbiamo tutto Il Tempo.