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Milano come Rosarno, uno straniero ucciso e città sotto assedio

Un'immagine dei disordini avvenuti nei pressi di Via Padova a Milano dopo l'omicidio di un giovane egiziano da parte di alcuni sudamericani

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Le urla, gli insulti, la rissa e la rabbia che monta fino al gesto estremo con il quale un sudamericano toglie la vita a un diciannovenne egiziano. Poi è guerriglia. Milano diventa teatro di battaglia peggio di Rosarno. E a notte fonda si combatte ancora. Succede tutto in via Padova, la strada milanese caratterizzata da un alto tasso di stranieri. Qui, nel pomeriggio poco prima delle 18, nasce un diverbio per motivi banali fra tre africani e cinque latino-americani su un autobus. I due gruppi, scesi dal mezzo, si affrontano. Un egiziano di 19 anni, viene raggiunto da una coltellata al torace e muore quasi all'istante. Altri due sono feriti. Ma è solo l'inizio. La lite finita nel peggiore dei modi innesca la reazione degli africani di Milano. Dopo aver sfondato a sassate la vetrina di un ristorante, il gruppo di immigrati comincia a ribaltare alcune auto parcheggiate e si muove in corteo verso il consolato egiziano al grido «italiani di merda, vi ammazziamo tutti». Con bastoni e mazze da baseball sfasciano le vetrine dei negozi, distruggono i cassonetti dell'immondizia. Si muovono a gruppi. Anche alcune persone sono aggredite con calci e pugni, soprattutto dei sud americani. E mentre a via Padova la polizia prova a far tornare l'ordine, la guerriglia urbana si sposta nelle strade laterali del quartiere multietnico. Sono più di cento persone a muoversi. La polizia riuscirà a fermarne almeno trenta. Solo una quindicina di africani restano a via Padova, circa trenta metri distanti dal luogo del delitto per «presidiare» la zona. In giro si vedono poche facce di italiani, almeno sui marciapiedi. A fine nottata la situazione verrà definitivamente calmata da polizia e carabinieri, col supporto dei vigili urbani. Ma la tensione resta alta. Le scene, in una sabato sera qualunque, fanno assomiliare Milano a un far west. È un «equilibrio delicato e precario» quello tra i gruppi criminali stranieri costretti a spartirsi gli affari sulla piazza di una grande città. «In genere c'è una suddivisione per "materia": a me la droga, a te il racket, a quello lo sfruttamento della prostituzione e via elencando, di reato in reato», spiega un investigatore, esperto di gang. «Ma le invasioni di campo sono sempre possibili, specie tra le bande di giovani, e in quel caso il gruppo è pronto a ristabilire le regole con efferati regolamenti di conti. Basta anche uno «sgardo» in apparenza banale perché alla fine possa scapparci anche il morto. È presto per dirlo con certezza, ma è quello che potrebbe essere successo a Milano». La guerriglia metropolitana di ieri sera seguita al delitto «può essere sintomo - spiega l'investigatore - di una rivalità mai sopita tra gang contrapposte e che l'omicidio ha fatto deflagrare come una bomba». Un'attenzione particolare viene dedicata proprio al fenomeno delle gang giovanili che, anno dopo anno, è sempre più preoccupante. Agguati e duelli, coltellate e stupri; spesso la loro è un guerra silenziosa e lontana dal centro, altre volte esplode in modo plateale nel cuore delle città. La Dia, nella sua ultima relazione, si è soffermata sulle gang sudamericane, che ciclicamente tornano alla ribalta. E Milano (insieme a Genova) è una delle città in cui questi gruppi - che si chiamano «Latin king», «Commando», «Forever», «Neta» o «Soldatos Latinos» - sono più attivi.  

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