"Con la morte del Papa persi 100 mila voti"
Fatale fu Roma anche nel 2005. Nella sfida per il Lazio tra il presidente uscente Francesco Storace e lo sfidante Piero Marrazzo la capitale si trasformò nello scoglio contro cui si infransero le ambizioni di riconferma dell'attuale leader della Destra. Uno scarto «secco», importante, che azzerò il vantaggio che Francesco Storace aveva in quasi tutte le altre province. A Roma, infatti, il centrosinistra si arrampicò fino al 53,49 per cento mentre il centrodestra si fermò al 44,65. Troppo poco nonostante i successi nel resto della Regione della Cdl: 54,80 contro 43,89 a Frosinone, 57,87 contro 39,23 a Latina, 50,70 contro 46,86 a Viterbo. Solo a Rieti la coalizione che sosteneva Marrazzo vinse di un soffio: 49,08 contro il 48,88 del centrodestra. «Fuori dal Raccordo io ero in vantaggio di 100 mila voti — racconta Francesco Storace — a Roma andai sotto di 200 mila». Una debacle che l'ex presidente della Regione imputa a diverse ragioni. «Storicamente la capitale dove l'astensione è maggiore. E poi c'è anche un fatto numerico, conta la metà dei voti di tutta la Regione. Io fino all'ultima settimana nei sondaggi ero avanti, poi avvennero due fatti che cambiarono la situazione: la mancata firma del contratto degli statali e la morte del Papa. Nel primo caso il governo era a un passo dall'accordo poi Berlusconi bloccò tutto perché gli aumenti erano troppo alti. E questo incise in una città come Roma, oltre al fatto che il clima generale era di ostilità verso il governo. Ma soprattutto la scomparsa del Pontefice fece mancare al centrodestra tutta quella parte di voti dell'elettorato cattolico. In quei giorni il cardinal Ruini si preoccupò delle vicende vaticane più che del voto regionale. E con lui tutto il mondo che gli ruotava attorno». Ma sul voto del 2005 per la Cdl influirono anche la vicenda di Alessandra Mussolini — con la sua lista ammessa al voto sul filo di lana dopo una lunga battaglia combattuta al Tar (alla fine prese l'1,18%, poco più di 32 mila voti) — ma soprattutto l'enorme forza elettorale che in quel momento aveva Walter Veltroni. Il sindaco eletto nel 2001 era nel suo momento di maggior potere, a un terzo del mandato e con una capacità enorme di «attrazione» anche nei confronti del centrodestra. Erano gli anni in cui in consiglio comunale l'opposizione era praticamente annichilita, con scarsissimo peso nelle decisioni politiche del Campidoglio, con un Veltroni capace di far spostare a sinistra anche qualche consigliere comunale del centrodestra e in grado di imporre alla coalizione anche la scelta sul nome di Piero Marrazzo. Una «impronta» talmente forte che il candidato del centrosinistra riuscì a prendere più voti «personali» rispetto a Francesco Storace.