Andrea Gagliarducci Benedetto XVI attacca: sono «derive pericolose» sia l'idea che «la vita sia materia manipolabile dalla scienza al pari di altri agglomerati organici», sia «il pietismo facile di chi si commuove davanti a situazioni limite
IlPapa parla di fronte all'assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita. Pochi giorni fa si è celebrato il primo anniversario della morte di Eluana Englaro. Per salvarla, e per riempire un vuoto normativo, era stato approntato un disegno di legge sul fine vita, il ddl Calabrò: è ancora fermo alla Camera. La legge sarebbe il male minore per il mondo cattolico, perché non ci siano nuovi «casi Eluana». Perché in realtà, spiega il Papa, i «possibili conflitti interpretativi» all'interno della stessa bioetica possono essere risolti solo da una «solida normativa» che si rifà alla «legge morale naturale». Altrimenti, prosegue, «senza il principio fondativo della dignità umana sarebbe arduo trovare una fonte per i diritti della persona e impossibile giungere a un giudizio etico nei confronti delle conquiste della scienza che intervengono direttamente nella vita umana». «È necessario — afferma il Papa — ripetere con fermezza che non esiste una comprensione della dignità umana legata soltanto ad elementi esterni quali il progresso della scienza, la gradualità nella formazione della vita umana o il facile pietismo dinanzi a situazioni limite. Quando si invoca il rispetto per la dignità della persona è fondamentale che esso sia pieno, totale e senza vincoli, tranne quelli del riconoscere di trovarsi sempre dinanzi a una vita umana». È un principio sul quale anche i vescovi si sono soffermati a più riprese: quando è stata chiesta loro un'indicazione di voto, hanno risposto non facendo nomi, né schierandosi, ma tenendo ben in considerazione chi erano quei politici che si impegnavano per la difesa della vita e per la dignità dell'essere umano. Benedetto XVI fa affermazioni molto nette: ribadisce che la partita dello «sviluppo umano integrale» si gioca nel campo della bioetica, un campo «delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio».