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Da Emma uno schiaffo al Pd

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Emma Bonino e Pierluigi Bersani

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La Rai è sul piede di guerra. Il Pd, che la sostiene come candidata governatore del Lazio, non smette di dire che il regolamento sulla par condicio approvato martedì sera dalla Vigilanza, che obbliga le trasmissioni di informazione a uniformarsi alle regole delle tribune elettorali, è un'operazione vergognosa e liberticida. Emma Bonino se ne frega e si schiera a difesa del testo messo a punto dal Radicale Marco Beltrandi (che, nonostante sia a tutti gli effetti un deputato Democratico, per l'occasione ha votato con il Pdl). «Non c'è nessun bavaglio. Sono solo regole contro la "giungla" che vige in questo momento - spiega -. Si è creato un grande subbuglio, come se fosse stata messa in discussione la libertà di informazione. Ma al di là dei polveroni la nostra proposta è semplice: per 30 giorni, in campagna elettorale, potranno continuare normalmente trasmissioni come Ballarò, quella di Santoro, Porta a Porta, ma i protagonisti, a pari merito, dovranno essere i candidati governatori e le liste presenti almeno in un quarto del territorio nazionale. Allora chiedo, dov'è il bavaglio?» «Santoro - prosegue - può continuare la sua trasmissione, il problema è che nel 50% di tempo deve invitare Errani, Formigoni, Bresso, me....dov'è lo scandalo? Nelle altre campagne elettorali gli approfondimenti hanno fatto come gli pareva, mentre le tribune elettorali erano trasmesse alle 5 di mattina per qualche insonne». Insomma i suoi alleati possono continuare a stracciarsi le vesti, ma la leader radicale non cambia idea. E, almeno per ora, non cambia nemmeno il regolamento. La mediazione voluta dal presidente della Vigilanza Sergio Zavoli, che ieri a riunito a Palazzo San Macuto il presidente dell'Autorità garante per le comunicazioni Corrado Calabrò, il Presidente della Rai Paolo Garimberti e il direttore generale Mauro Masi, non ha infatti prodotto risultati significativi. La dirigenza di Viale Mazzini si è impegnata a realizzare una simulazione del palinsesto sulla base delle regole fissate. Martedì prossimo dovrebbe arrivare sul tavolo dell'ufficio di presidenza della commissione che valuterà se e come intervenire. Difficile una modifica del testo approvato, più facile un intervento di carattere interpretativo che lasci alla Rai un margine di decisione più ampio. Anche per questo Zavoli non si sbilancia: «Siamo passati dallo scontro al confronto. È un primo passo. Dobbiamo farne altri. L'importante, per ora, è aver creato un clima di dialogo. È però d'obbligo la prudenza». Dal canto suo Garimberti si limita ad osservare che «le criticità» sono molte: dalla gestione dei palinsesti ai danni economici, fino «all'autonomia del lavoro giornalistico» e al «rispetto nei confronti del pubblico, che ha diritto a non vedere solo tribune». In ogni caso, spiega, «l'azienda applicherà letteralmente le norme della Vigilanza, è la Vigilanza che deve decidere se vanno bene o no. Sono profondamente deluso da questa normativa e dunque sarà tanto più assoluta e totale la rigidità nell'applicarla». Sullo sfondo resta lo scontro politico. Per il vicepresidente della commissione Giorgio Merlo (Pd), il regolamento «indebolisce il servizio pubblico, ne riduce la credibilità e, purtroppo, abbasserà gli ascolti con gravi perdite finanziarie». Mentre per il capogruppo Pdl Massimo Butti ciò che emerge chiaramente dall'intera vicenda è che la «par condicio è da riformare sostanzialmente perché illiberale, perché liberticida, ma soprattutto perché fuori dal tempo».

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