«Non ho colpe e non mollo. Combatto»
Senon ci fosse stato lui, avrei già lasciato, così non posso mollare. Devo combattere». Il procuratore aggiunto Achille Toro si sfoga con i cronisti per il suo coinvolgimento nell'inchiesta della Procura di Firenze sui lavori del G8 alla Maddalena. In lacrime, racconta che di aver già rimesso al procuratore capo Giovanni Ferrara la delega al coordinamento delle indagini che riguardano reati contro la pubblica amministrazione. In merito all'ipotesi di lasciare la magistratura Toro poi aggiunge: «Ho quarant'anni di servizio, due nella pubblica amministrazione. Ho raggiunto il massimo grado d'anzianità. Non ho più nulla da chiedere a questo mestiere. Non mi interessa fare il procuratore capo. Avevo già deciso di non fare domanda per altri incarichi. Ho promesso a casa di non fare scelte avventate». Toro, visibilmente scosso, ha ribadito di non conoscere nessuna delle persone indagate nell'ambito dell'inchiesta della magistratura fiorentina: «Ho incontrato solo una volta Bertolaso in un'occasione ufficiale. Non conosco Balducci o Anemone. Posso solo dire è che l'unica persona che conosce mio figlio è l'avvocato Edgardo Azzopardi, sono amici di vecchia data, ma è meglio che non dico niente su di lui». Il nome dell'avvocato emerge in un'intercettazione e tramite lui sarebbero state veicolate le informazioni ad altri indagati. Toro e il figlio risultano indagati per concorso in rivelazione del segreto d'ufficio e solo il figlio anche di favoreggiamento personale. Ad assisterli saranno gli avvocati Roberto Rampioni e Salvatore Sciullo. «Se io non ho rivelato alcun segreto d'ufficio - ha aggiunto - non può averlo fatto mio figlio. Dimostrerò che le fughe di notizie in realtà erano informazioni già uscite sugli organi di stampa. Dal mio ufficio non è uscita alcuna informazione riservata».