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Fini: "Il Pdl non sia subalterno alla Lega"

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Gianfranco Fini

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«Il Pdl non deve essere subalterno alla Lega», anche perchè quello di Umberto Bossi è un movimento limitato al Nord che «mette a rischio la coesione del Paese». È il monito lanciato nel tardo pomeriggio da Gianfranco Fini, impegnato nella sala del Refettorio di palazzo San Macuto in una lunga intervista pubblica. L'occasione è importante: la presentazione di un quaderno della rivista bimestrale della fondazione «Farefuturo» che molti indicano come perno intellettuale di quanti appoggiano la linea politica del presidente della Camera. A duecento metri di distanza, in piazza di Pietra, Silvio Berlusconi è impegnato nella presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa presso la sala conferenze della Camera di Commercio. Probabilmente non è ancora stato informato del severo giudizio espresso da Fini sugli alleati del Carroccio. Ma il caso ci mette lo zampino e al premier scappa una dichiarazione che sembra confezionata su misura per la terza carica dello Stato: «Non ho timore che la Lega possa rafforzarsi, anche perchè credo che la coalizione di governo sia assolutamente solida». Il botta e risposta, anche se fortuito, conferma l'ormai consolidata diversità di vedute che il premier e Fini hanno sulla conduzione del partito di cui sono stati cofondatori, compreso il nodo fondamentale delle alleanze. Ma non basta. Rivolto sempre a Berlusconi, il presidente della Camera ha ricordato che questa può diventare una legislatura costituente solo nel dialogo con le opposizioni. In primo luogo perchè ci sono riforme già condivise come l'abolizione del bicameralismo, la diminuzione del numero dei parlamentari e il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio; in secondo luogo perché il centrodestra non deve ripetere l'errore, come è accaduto della legislatura 2001- 2006, di gettare il bambino con l'acqua sporca perdendo il referendum confermativo previsto dalla Costituzione. E poi ancora consigli per gli acquisti non richiesti da Berlusconi: «Il Pdl deve uscire dalla logica dell'ortodossia e del pensiero unico», deve insomma dotarsi di «porte girevoli dalle quali le idee entrano ed escono per essere utilizzate in un dibattito comune». «Abbiamo sciolto An - dice in conclusione Fini - con un congresso anche sofferto per far nascere il Pdl. E ora dicono che vorrei fare una corrente? Se fosse così dovrei farmi ricoverare. Vogliamo dare solo un contributo di idee senza che nessuno sia autorizzato a immaginare gruppi di congiurati che lavorano per disturbare il manovratore».

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