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Permesso a punti, Maroni: "Percorso di aiuto all'integrazione"

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Un cittadino indiano all'Ufficio Stranieri

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Nessuno si azzardi a definirlo «un limite» o «una vessazione» perché, per Maroni, il regolamento attuativo del "permesso di soggiorno a punti" non è né l'una né l'altra cosa. Anzi, ci pensa lo stesso ministro dell'Interno, a darne una definizione più confacente facendolo diventare «un percorso di aiuto all'integrazione». Che lo si chiami in un modo oppure che si preferisca definirlo nell'altro poco importa. Quello che invece è significativo è l'idea di base che il governo sta portando avanti: legare il tema della sicurezza a quello dell'immigrazione facendo in modo che quest'ultimo aspetto venga trattato legandolo all'integrazione. Così Maroni torna sull'argomento e, dopo aver precisato di aver trovato un'intesa tecnica con il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, sulla attuazione del "permesso di soggiorno a punti", detta la linea per avviarne a breve l'iter che porterà a compimento un decreto che, nei fatti, è già contenuto nel "pacchetto sicurezza" votato dal Parlamento la scorso estate. «Abbiamo definito le procedure e i contenuti dell'applicazione di una norma che esiste già - spiega il ministro durante una conferenza stampa a Varese —. Ho letto sui giornali toni allarmati. L'argomento immigrazione suscita emozioni, ma talvolta non è conosciuto. La norma che prevede il "permesso di soggiorno a punti" è già in vigore, la legge c'è già. Noi adesso facciamo solo un atto amministrativo per attuarla. Si tratta di un provvedimento utile e di civiltà e penso che sarà molto apprezzato da chi vuole inserirsi nella nostra società e vuole lavorare. Si tratta di uno degli strumenti più avanzati in Europa sul fronte dell'integrazione». Sarà una norma quindi che favorirà la convivenza tra italiani e immigrati attraverso una serie di iniziative ad hoc che lo stesso ministro elenca: «Ci saranno a disposizione degli immigrati delle strutture pubbliche che consentiranno di raggiungere gli obiettivi previsti. Se sceglieranno di non frequentare queste strutture, rischieranno di non avere il rinnovo del permesso di soggiorno. Entro due anni vanno raggiunti gli obiettivi e poi ci sarà un anno ulteriore per recuperare». Poi è il momento di ricordare la situazione dei clandestini: «Noi abbiamo fatto molto sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina, e lo dimostra il fatto che oggi il centro di Lampedusa sia vuoto, mentre un anno fa veniva messo a fuoco. Questo provvedimento sul permesso di soggiorno a punti - ha concluso Maroni - dimostra anche il nostro impegno sul fronte dell'integrazione, e va nella giusta direzione». L'idea però di legare il tema dell'immigrazione ad una sorta di raccolta punti ha immediatamente agitato il mondo della politica. Soddisfazione è stata espressa da parte del centrodestra, prima con il capogruppo della Lega al Senato, Federico Bricolo («I primi ad avere vantaggi saranno proprio gli extracomunitari che si vogliono integrare mentre saranno penalizzati quelli che vengono nel nostro Paese con l'intenzione di non rispettare le nostre leggi») e poi con la Fondazione Magna Carta, pensatoio vicino al senatore del Pdl, Gaetano Quagliariello: «È una buona idea e si inserisce in quel progetto di integrazione che guarda alla qualità dell'accoglienza e non ai numeri». Critiche invece arrivano dalla sinistra.   «Ottima l'idea del permesso di soggiorno a punti, se solo vivessimo su Marte e non in Italia», dichiara il deputato Democratico Andrea Sarubbi, mentre il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, dopo aver definito come «demenziale» la proposta di Maroni, propone: «Invece di alzare nuove e odiose asticelle sociali e culturali nei confronti degli immigrati, il governo pensi a stanziare fondi per le politiche d'integrazione, su cui non c'è un euro». Infine anche Andrea Oliviero, presidente delle Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani (Acli), ha voluto commentare le parole di Maroni: «C'è il rischio, per i migranti, di non comprendere bene le regole. Questo discorso dei punteggi, sappiamo quanta fatica ha fatto ad entrare nella testa degli italiani per la patente. Figurarsi se riesce ad essere compreso dagli stranieri che arrivano da condizioni molto diverse».  

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