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Di Pietro detta le regole E Bersani l'abbraccia

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Da sinistra Pierluigi Bersani e Antonio Di Pietro

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  Ecco qua il «nuovo» Di Pietro. Certo, l'occhio è quello spiritato di sempre. L'eloquio è infarcito di metafore e similitudini curiose. I giri di parole sono banditi, si va dritti all'obiettivo. Ma quello che sale sul palco del congresso nazionale dell'Italia dei Valori all'hotel Marriott di Roma non è il solito Tonino. A sentirlo parlare sembra quasi di trovarsi di fronte a Pier Luigi Bersani. I contenuti sono su per giù gli stessi che il segretario del Pd va predicando da quando ha preso in mano le redini del partito. Magari espressi in maniera più efficace, ma le parole d'ordine sono le stesse. Tanto che il leader dei Democratici, seduto in prima fila, non può far altro che applaudire e annuire. Il centro di tutto è «l'alternativa». Di Pietro spiega il concetto citando proprio Bersani. «Siamo il partito, ce lo dicono tutti, di più seria e capace opposizione - spiega -. Ma, come dice Pier Luigi, di opposizione si muore se non si costruisce l'alternativa. Io voglio sconfiggere Berlusconi politicamente, non voglio aspettare che muoia o che vada in pensione». Insomma, si cambia. Basta con il «voto di pancia che dipende da quanto mal di pancia c'è in quel momento». Basta con gli attacchi a testa bassa al «nemico Silvio» (che l'ex pm cita pochissime volte). L'Idv vuole diventare a tutti gli effetti un partito di governo, un'alternativa a Berlusconi. «Perché oggi? - domanda Di Pietro dal palco - Perché oggi siamo in grado di farlo. Dobbiamo spiegare ai nostri elettori che la fiducia devono darcela per ciò che vogliamo costruire. Per l'opposizione non serve un partito, basta la rete». Per questo l'obiettivo che il leader Idv si pone (anche se in cuor suo si augura che le elezioni possano arrivare prima) è il 2013. Solo allora, quando «la barca sarà condotta in porto», Tonino alzerà bandiera bianca e passerà la mano a qualcun altro. Nel frattempo Luigi De Magistris può mettersi l'anima in pace mentre i delegati presenti sono pregati di riconfermarlo presidente del partito avendo ben chiaro che, votandolo, votano anche le 87 pagine che compongono la sua mozione. Un libretto che è a tutti gli effetti un programma di governo. Undici punti che vanno dal lavoro all'economia, dall'immigrazione alla giustizia e sicurezza, dalla sanità all'ambiente, passando per informazione, famiglia e diritti delle persone, riforme istituzionali e riduzione dei costi della politica, politica estera e integrazione europea, scuola-università-ricerca. Programma ambizioso che Di Pietro sa di non poter portare avanti da solo. «Perché - spiega - da soli non si fanno figli». Attenzione però. Se venerdì aveva buttato lì l'idea di una fusione tra Idv e Pd, adesso chiarisce che si tratta solamente di una «prospettiva ideale», del compimento di un desiderio che c'è, ma che non riguarda l'immediato. Nell'immediato, semmai, c'è il progetto di costruire una «grossa Idv». Nient'altro. Ed è qui che il «discorso governativo» dell'ex pm mostra i caratteri di una fine operazione politica. Il leader Idv ha capito che il suo perimetro di azione è il centrosinistra («non stiamo qui perché di là c'è Berlusconi, ma perché le politiche della destra ci fanno schifo»). Ha capito che la sua linea piace anche a molti elettori del Pd. Ma per conquistare i loro consensi ha bisogno di dimostrare di essere in grado di trasformarsi in un partito aggregante. Un partito che sappia fare opposizione, ma anche proposte. Insomma, quella lanciata dal palco dell'hotel Marriott appare, a tutti gli effetti, un'opa di Di Pietro sui Democratici. L'Idv come partito principale del centrosinistra capace di costruire una coalizione alternativa al centrodestra di Berlusconi. Tonino sogna di riuscire laddove, fino ad oggi, ha fallito il Pd. Non a caso, nella prima fila della sala Michelangelo, oltre ai rappresentanti di sindacati e categorie produttive, siedono tutti i leader delle forze che componevano la vecchia Unione prodiana: dal rifondarolo Paolo Ferrero al Pdci Oliviero Diliberto, fino a Nichi Vendola cui la platea tributa una vera e propria standing ovation. Certo, assicura, «il nostro obiettivo non è fregare il vicino di casa, ma far capire che il nostro condominio è meglio dell'altro». Ma poi sottolinea anche come, se l'Idv decidesse di andare da sola, farebbe «una bella figura, ma consegnerebbe tutte e 13 le Regioni a Berlusconi». Insomma Bersani è avvertito. Di Pietro non solo è indispensabile, ma ora vuole anche competere sullo stesso terreno del Pd. E non farà sconti. Dal canto suo il segretario democratico saluta positivamente la «svolta» di Tonino (i due alla fine si abbracciano sul palco per la gioia dei fotografi). «È importante dire alternativa piuttosto che opposizione - commenta lasciando il Marriott - e mi fa piacere che l'Idv abbia fatto un ulteriore passo verso questa direzione. Ne ricavo un incoraggiamento a continuare la strategia di accorciamento delle distanze nell'opposizione. Voglio lavorarci». Chissà, forse Bersani spera che il «nuovo» Di Pietro faccia lentamente breccia anche nel cuore dell'Udc che, per ora, non ha nessuna intenzione di scendere a patti con l'Idv. E forse spera che un giorno Pier Ferdinando Casini gli ripeta la frase con cui Bruno Tabacci lo saluta poco prima di salire in macchina: «Non male, c'è da lavorarci un po', ma è un buon inizio».

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