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La Ue giovedì fa il punto sulla bufera dei mercati

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Difronte al crollo delle Borse, in gran parte legato ai timori per il forte indebitamento di molti Paesi Ue, Bruxelles continua a parlare di situazione sotto controllo, assicurando comunque il massimo della vigilanza. Il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, nega la possibilità che la zona euro possa perdere pezzi. E vigile si dice anche la Bce nel giorno in cui l'euro scende ai minimi da otto mesi sul dollaro, stroncando sul nascere gli allarmismi su un eccessivo indebolimento della moneta unica («è naturale che i tassi di cambio oscillino»). Mentre il suo presidente, Jean-Claude Trichet, arrivando in Canada per il G7 finanziario, nega l'ipotesi di una riunione straordinaria del board dell'Eurotower. Ma, al di là delle dichiarazioni ufficiali, nei corridoi di Bruxelles, così come in quelli di Francoforte, cresce la preoccupazione per una crisi che dalla Grecia potrebbe estendersi a Paesi come la Spagna e il Portogallo, col rischio di un contagio ben più ampio. Una spia del malessere è il costante aumento dello spread tra i bund tedeschi e i titoli di Stato di altri Paesi, con un differenziale che ieri è salito a 102 punti per la Spagna, a 365 per la Grecia, a 160 per il Portogallo e a 96 per l'Italia. A questo punto, gli occhi sono puntati soprattutto sul vertice della Ue di giovedì prossimo, 11 febbraio. Una riunione informale dei capi di Stato e di governo che, se non proprio un'ultima spiaggia, assomiglia molto al momento della verità: o i leader europei imprimeranno una svolta alla loro azione affrontando con decisione l'emergenza e le strategie future, anche attraverso mezzi e strumenti nuovi, oppure davvero il 2010 da anno della ripresa rischia di diventare uno degli anni più neri. Più di quel 2009 già archiviato, forse con troppa fretta, come «annus horribilis». Due i nodi da sciogliere al tavolo dei 27: se e come intervenire in maniera più decisa a sostegno delle economie in maggiore difficoltà; come disegnare la futura strategia di crescita senza ripetere gli errori che hanno portato al mezzo fallimento dell'agenda di Lisbona. Sul primo punto potrebbe uscire allo scoperto l'ipotesi di varare veri e propri piani di salvataggio per le capitali che rischiano la bancarotta: qui si tratta di aggirare le rigide regole del trattato di Maastricht, che vietano categoricamente la possibilità di aiutare finanziariamente i membri della zona euro. L'ipotesi è quella di aiuti bilaterali: prestiti stanziati da singoli Stati (si è parlato di Francia e Germania) decisi però in stretto coordinamento tra i 27 e con le istituzioni comunitarie.

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