Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

La maggioranza tira dritto e isola il Pd

A sinistra il ministro della Giustizia Alfano

  • a
  • a
  • a

Tutto come previsto. Il legittimo impedimento passa la prova della Camera senza patemi. L'Italia dei Valori inscena la solita protesta a base di cartelli che spaziano da «Casta di intoccabili» a «Costituzione violata, giustizia calpestata». Il Pd fa la voce grossa con il suo segretario Pier Luigi Bersani. La maggioranza, compatta, prosegue dritta per la sua strada. Così la notizia più significativa della giornata diventa l'astensione, largamente annunciata, dei deputati dell'Udc. Insomma alla prima vera prova sul tema spinoso della giustizia (il processo breve era uno «specchietto per le allodole» tanto che è stato accantonato in attesa di tempi migliori) l'opposizione si presenta in ordine sparso. Un segnale che dovrà far riflettere chi, all'interno del Pd, continua a corteggiare Pier Ferdinando Casini e l'Udc. E forse non è un caso che, a margine della seduta, Umberto Bossi, forse il principale avversario dei centristi all'interno della maggioranza, si lasci sfuggire una dichiarazione che è quasi una mano tesa. «Bisogna dare tempo ai peccatori di pentirsi - spiega -, per vedere se il pentimento è vero». Certo, nel computo finale dei voti, l'Udc non è stato determinante (316 sì, 239 no e 40 astenuti), ma il segnale politico è piuttosto importante. Anche perché ieri, nell'Aula di Montecitorio, è stato evidente che Casini e Di Pietro non sono compatibili. E quindi Bersani, se veramente vuole costruire una proposta alternativa a Berlusconi, dovrà scegliere con chi stare. Nel frattempo la maggioranza esulta per aver incassato il primo via libera alla norma che permetterà al presidente del Consiglio ed ai ministri di non comparire per 18 mesi alle udienze giudiziarie in caso di concomitanti impegni istituzionali. Il che significa un anno e mezzo di tempo per costruire uno «scudo» di tipo costituzionale. Altro punto su cui l'Udc potrebbe dare una mano. Il film della giornata registra quindi una compattezza assoluta del centrodestra che, complice anche l'assenza quasi totale di voti segreti, non ha mai barcollato (nell'unica occasione di votazione non palese lo scarto è stato comunque di 14 voti). Ma anche uno scontro senza esclusione di colpi tra il Pdl e il Pd. Pier Luigi Bersani non ha usato mezzi termini attaccando a testa bassa quella che ha definito una «corsa dissennata». «Oggi è il primo passo - ha detto tra i "buu" e le grida della maggioranza -, una scialuppa in attesa del bastimento della legge costituzionale e altrimenti del barcone del processo breve. Tante norme non semplici, ma la gente capisce una cosa semplice: c'è di mezzo Berlusconi, un premier che non vuole farsi giudicare e tiene ferma l'Italia su questo punto in una folle guerra tra politica e giustizia». Quindi, quando ha ricordato gli amministratori del centrosinistra che si sono dimessi perché indagati, dai banchi del Pdl in molti hanno cominciato a urlare i nomi di Antonio Bassolino e Agazio Loiero. Alla fine standing ovation di tutto il gruppo Democratico con il capogruppo Dario Franceschini che ha sollevato il braccio del segretario quasi fosse un pugile vittorioso al termine di un incontro. Anche l'Idv ha applaudito calorosamente. Gelo, invece, dai banchi dell'Udc. Casini è rimasto in silenzio per tutta la giornata ma Michele Vietti, intervenuto a nome del gruppo, ha lanciato un chiaro segnale ai possibili alleati: «Anche a costo di attacchi ci siamo assunti la responsabilità di dire in pubblico quello che tutti dicono in privato. E cioè che il re è nudo, il re è sotto processo. Le istituzioni sono paralizzate e questa paralisi danneggia il Paese. Senza più l'alibi dei processi Berlusconi deve pensare a governare, deve pensare alla crisi senza più la scusa di dover scappare dai giudici. Senza più questo alibi il governo deve affrontare il capitolo delle riforme». Insomma la spaccatura tra Pd e Udc appare tutt'altro che sanabile. E mentre Fabrizio Cicchitto e Massimo D'Alema si scambiano colpi proibiti (il primo accusa il secondo di esservi avvalso dell'immunità che vale per gli eurodeputati, Baffino replica che non è vero), Di Pietro si concede il solito show anti-Cavaliere. «Diciamo no - attacca durante il suo intervento in Aula - a questa legge porcata che umilia le Istituzioni, offende il Parlamento e il Paese e ha un unico mandante: il signor presidente Berlusconi. Una persona che il Paese farebbe bene a mandare a casa quanto prima». Il Pdl inneggia a Contrada rievocando le foto recentemente pubblicate dal Corriere della Sera che ritraggono l'ex pm insieme all'ex funzionario del Sisde a pochi giorni dal suo arresto. Partono fischi e vengono lanciate palle di carta. Finisce con la solita sfilata di cartelli. Nicola Imberti

Dai blog