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L'ex pm, Contrada e gli amici «amerikani»

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L'incontroconviviale del 15 dicembre 1992, immortalato da 12 fotografie, 8 scomparse, 4 riapparse, grazie all'avvocato Mario Di Domenico, rafforza gli interrogativi sulle origini del potere di Antonio Di Pietro. Era il giorno dell'avviso di garanzia a Craxi e all'interno di una caserma si ritrovarono a tavola con Tonino, i colonnelli operanti nei servizi, Gargiuolo, Del Vecchio, Conforti, il generale Vitagliano, Bruno Contrada del Sisde, più l'«amico americano» Rocco Mario Modiati, il capo della Kroll, detta la Cia-Mossad di Wall Street, il più forte centro affaristico del mondo. Il Modiati consegnò a Di Pietro una targa della Kroll Secret Service. Perché una megapostazione del capitalismo finanziario sentì il dovere di premiare il pm molisano? La singolare tavolata rimanda, inoltre, all'interrogativo più grave: come mai il rapporto dei Ros su un probabile attentato valse a salvare solo uno dei due obbiettivi, Di Pietro - subito allertato, protetto e spedito in Costa Rica, con passaporto falso intestato a Mario Canale -, mentre Borsellino, neppure avvertito, rimase solo al mondo, finendo, il 19 luglio 1992, vittima nella strage di via Mariano d'Amelio? Sui rapporti con gli «amerikani», qualcosa era già uscito tre lustri addietro, ma subito lasciato cadere. Leggo da una relazione del pm Davigo al procuratore Borrelli, 19 luglio 1992, lo stesso giorno della morte di Borsellino: «Il De Mico (Bruno, l'architetto processato per le "carceri d'oro" ndr), riferiva di aver appreso da persone appartenenti a imprecisati "ambienti" statunitensi...che gli americani, irritati con Salvatore Ligresti e Bettino Craxi, avevano deciso di colpirli ed erano perciò disponibili a collaborare alle indagini in corso a Milano...Era necessario che un magistrato, meglio se il dottor Di Pietro, rilasciasse un'intervista a Lower Bergman, conduttore della trasmissione Sixty minutes sulla rete televisiva statunitense Cbs. Questo sarebbe stato il segnale che l'offerta americana era stata accettata». In effetti, il segnale fu dato, visto che Tonino si recò negli Stati Uniti nell'ottobre successivo, viaggio organizzato dall'Usis, il noto ente culturale americano. Giulio Catelani, Pg di Milano, il 19 febbraio 1996, davanti al pm bresciano Fabio Salamone, conferma: «Ricordo bene che nel luglio 1992 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti e alcuni collegamenti internazionali...Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo quasi risentito di esaminare i documenti...». Di cosa ebbe paura il Presidente della Repubblica? In un volume di memorie, il pm Colombo racconta un dialogo in Procura: «Cosa ne dici, cosa facciamo, ci prospettano che...ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, che ha elementi da darci, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro... Io sono molto perplesso... e d'altronde sarebbe importante...» Il più aguzzo pm del pool, Francesco Greco, nel marzo 1997, spiega: «...Soprattutto per merito degli americani, al centro del dibattito giuridico internazionale è stato posto proprio il problema della corruzione...Gli americani spingono moltissimo in questa direzione per un motivo molto preciso: sono gli unici ad avere una legge che punisce il cittadino americano che corrompe il funzionario di uno stato straniero e allo stesso tempo hanno una legge che prevede la responsabilità penale della persona giuridica. Succede così che le imprese americane si sentono penalizzate sui mercati esteri e allora pretendono una equiparazione internazionale». Già nel 1985, del resto, il direttore della Cia, William Webster, aveva istituito una sezione apposita, il Directorate V. destinato a lanciare la guerra commerciale e finanziaria con l'Europa, a cominciare dall'Italia. Gli «amici amerikani», insomma, cercarono alleati ed utili idioti per causare il crollo di Craxi, il motore del made in Italy, e della prima Repubblica, declassando i gioielli delle aziende statali - vedi le privatizzazzioni selvagge a prezzi stracciati - a ghiotto boccone, come disse George Soros, l'affossatore della lira.

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