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"Fiat vuole il dialogo"

Montezemolo e Marchionne

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L'unico lampo positivo nella trattativa tra il governo e la Fiat che martedì scorso ha annunciato lo stop di due settimane in tutti gli impianti italiani, è stato quello del presidente del Lingotto, Luca Cordero di Montezemolo che ieri alle dichiarazioni dell'ad Marchionne (che ha negato qualunque forma di ricatto al governo) ha aggiunto: «È chiaro che tutti i nodi vanno affrontati in un clima di dialogo e confronto con le parti sociali e il governo, che ha dimostrato in questi mesi una grande attenzione alla filiera dell'auto». Montezemolo ha anche fatto una difesa d'ufficio e ribadito che la cassa integrazione è dovuta al crollo degli ordini registrato a gennaio e che la produzione a Termini Imerese cesserà a fine 2011 «per le condizioni di svantaggio competitivo dell'impianto e la non economicità industriale». In effetti anche lo scorso anno il Lingotto aveva avviato la cassa integrazione un po' in tutti i suoi stabilimenti italiani ma le sollevazioni sindacali allora furono meno veementi. Così dai piani alti del Lingotto trapela il sospetto che le polemiche siano ulteriormente amplificate dal clima elettorale delle elezioni regionali. Ma tant'è. Oggi si apre a Roma il tavolo convocato dal ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. «Cominceremo domani (oggi ndr), con il tavolo sull'auto a Termini Imerese - ha detto ieri il ministro a cercare di riannodare i fili anche se ora è più difficile». Scajola ha ribadito che «il governo non è stato informato» e che è stata «una decisione inopportuna che rende più difficile in questa fase i colloqui con le parti sociali per il piano di ristrutturazione della Fiat». Bisogna evitare che «ci siano atti unilaterali non discussi e non verificati come accaduto in questo caso», ha rincarato la dose il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Il tema centrale dell'incontro al ministero è il futuro della fabbrica siciliana, ma in realtà il vero nodo è quello degli incentivi. Lo sanno bene i sindacati che legano il tema alle garanzie sull'occupazione. Sì agli incentivi al settore auto, ma a condizione che non si perdano i posti di lavoro, afferma il leader della Cisl Raffaele Bonanni. E anche il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, dice di non essere molto favorevole, al momento, «a dare incentivi che servano a garantire la produzione automobilistica in altri Paesi». Al tavolo oggi si presenteranno oltre ai vertici del Lingotto e ai sindacati anche i politici della regione siciliana. Sarà difficile trovare un compromesso su un dossier così delicato considerata la carenza di risorse pubbliche. Sul piatto Fiat offrirà la massima disponibilità per trovare una soluzione. Tra le ipotesi anche un totale disimpegno dall'impianto siciliano con la contestuale vendita alla regione Sicilia, libera a quel punto di offrire il sito a potenziali investitori. Solo ipotesi di lavoro che si scontrano con una crisi che non lascia spazi a margini di trattativa. Anche se qualcuno ha parole di comprensione per l'operato di Marchionne come il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, per il quale «la cassa integrazione è una misura dolorosa, ma che non deve essere drammatizzata». Per i sindacati un altro segnale della forzatura da parte della Fiat è lo stop della produzione, per il secondo giorno consecutivo, a Termini Imerese deciso dall'azienda nonostante non ci siano blocchi davanti i cancelli. Anche se nella serata di ieri i picchetti si sarebbero allentati consentendo i primi approvigionamenti all'impianto.

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