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Stalking e bullismo le piaghe nel Lazio

Giustizia, la Corte d'Appello di Roma

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Anche quest'anno il pianeta giustizia ha registrato risultati negativi. E nell'elenco ci sono sempre gli stessi problemi che da anni affliggono magistrati, avvocati e cittadini costretti a fare i conti con procedimenti penali e civili interminabili. Carenza di personale e risorse economiche, processi troppo lunghi, che spesso cadono in prescrizione e delitti che ogni anno continuano a crescere. È questa la fotografia che ha fatto ieri il presidente della Corte d'appello di Roma, Giorgio Santacroce, nella sua relazione letta nel corso della cerimonia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario che si è svolta tra le polemiche a causa della scelta di decine di toghe di lasciare l'aula quando ha preso la parola il rapprensentate del governo, Franco Ionta, capo del Dap. Oltre al lungo elenco dei problemi sottolineati dall'alto magistrato, la giornata di ieri è stata infatti aggravata dal continuo braccio di ferro tra togati e governo. Tra i delitti di maggior allarme sociale, ha spiegato il presidente Santacroce davanti alle più alte cariche istituzionali e alle forze dell'ordine, sono in aumento quelli di omicidio volontario e colposo e di tentato omicidio, di rapina, estorsione ed episodi di bullismo. Non solo. È cresciuto anche il numero dei furti, che costituiscono il nucleo principale di attività della microcriminalità. A destare maggior preoccupazione, sono pure le persecuzioni ai danni delle donne da parte, soprattutto, di ex mariti o fidanzati oppure spasimanti rifiutati, che commettono il reato di stalking: la procura di Roma ha aperto fino al 30 giugno 2009, quindi nel giro di quattro mesi dall'introduzione della legge, ben 232 procedimenti penali. «Il problema dello stalking - ha dichiarato Santacroce - non è solo italiano. È italiano il ritardo con cui se ne è presa coscienza. Lo stalking è punito severamente da tempo in molti Paesi come figura autonoma criminosa, mentre da noi le vittime di uno stalker hanno dovuto accontentarsi per anni della debole tutela giuridica offerta dal reato di molestie, che è un semplice reato contravvenzionale». Nella relazione di Santacroce sono stati presi in esame anche altri fenomeni che negli ultimi tempi stanno diventando sempre più preoccupanti, come ad esempio gli incidenti stradali commessi da conducenti sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o di alcol, e le infiltrazioni mafiose sia nella Capitale, sia sul Litorale romano. «La criminalità organizzata, nelle sue articolazioni più conosciute (camorra, mafia e 'ndrangheta) investe somme ingenti per acquisire attività economiche soprattutto nel campo alberghiero e della ristorazione - spiega il presidente - Nel sud Pontino, invece, alcune famiglie mafiose, unite a malavitosi stranieri, sono dedite al traffico su scala internazionale di sostanze stupefacenti. Esponenti della 'ndrangheta calabrese, dal canto loro, guadagnano con l'usura e il riciclaggio di denaro sporco». Uno scenario che, anche secondo il procuratore generale della Corte d'appello di Roma, Luigi Ciampoli, non deve essere sottovalutato. Tanto che nella sua relazione sottolinea, inoltre, come «alcune famiglie della 'ndrangheta sono dedite anche all'allevamento di bestiame a nord di Roma e al sostegno logistico di latitanti». Presenza riscontrata nel corso delle indagini nei Comuni di Rignano Flaminio, Morlupo, Sant'Oreste, Castelnuovo di Porto e Campagnano romano. Nelle considerazioni finali della relazione, Santacroce ha voluto esaminare il ruolo della magistratura e della politica, sempre più in conflitto. «Va da sé che ogni giudice è libero di avere le idee politiche che crede, al pari di ogni altro cittadino, ma chi sceglie di fare il giudice ha il dovere morale e giuridico di mantenere una giusta distanza di sicurezza dalla politica». E infine: «La verità è che dei giudici è più facile parlar male che farne a meno».  

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