«Alta moda in crisi Istituzioni sorde»
.E sembra godersele anche di più le sfilate di alta moda capitolina. Sarà che per lei si chiude una bella ma molto, forse troppo, impegnativa esperienza. Sarà che ora la aspettano nuove avventure e per questo è entusiasta. Nicoletta Fiorucci, presidente di AltaRoma, la società che organizza le sfilate, ha già annunciato che non si ricandiderà alla scadenza del mandato, il prossimo marzo. E ora tratteggia un bilancio, dopo due anni di presidenza, e azzarda previsioni per il futuro della moda a Roma. Cosa le resterà dell'esperienza nel mondo della moda? «È stato affascinante l'incontro con i giovani, il percepire quanta ricchezza creativa ci sia in Italia, quanta sapienza. L'approccio con la storia della moda, vedere quanto il nostro stile abbia influenzato il look occidentale, è stata una bella avventura intellettuale». I nostri talenti, però, come per la ricerca scientifica, scappano dall'Italia. Basti pensare a Riccardo Tisci che ora è il direttore creativo di Givenchy, ed è dovuto emigrare all'estero perché in Italia nessuno ha creduto in lui. «In Italia c'è un forte scontro di generazioni, i giovani non hanno palcoscenici, luoghi di espressione. Negli altri Paesi, invece, c'è fame di talenti e se li vengono a prendere da noi. E noi ce li facciamo "rubare" perché non ci sono tappe di accreditamento, non ci sono percorsi privilegiati per chi si affaccia al mondo del lavoro. Noi ci nutriamo di passato. È la nostra ricchezza ma anche il nostro handicap. E il vero problema è che siamo tutti orfani istituzionali». Ossia? «Per me è stato difficile lavorare con le istituzioni. C'è un meccanismo lento, complesso, troppo articolato. La moda è rischio innovativo, nella moda è insito il concetto di futuro mentre noi pensiamo ancora a Donna sotto le stelle». Non è un progetto in cui lei crede? «Donna sotto le stelle (la sfilatona-show che dovrebbe tornare in tv il prossimo luglio dal Colosseo ndr) fa spettacolo ma non serve per il futuro della moda. È come un'amichevole di calcio, come fare Italia-Francia al Colosseo. Roma deve decidere se giocare i Mondiali o un'amichevole. Purtroppo le istituzioni sono meno disposte all'innovazione e questo è l'ostacolo vero». L'amarezza più grande di questi due anni di presidenza? «Non aver trovato un interlocutore che abbia colto gli aspetti innovativi del nostro progetto. Il rischio di non fare cose collaudate spaventa. Mi spiace di non essere riuscita a comunicare il valore culturale della moda». Sono anni che si parla di un museo della moda perché non si riesce ancora a realizzarlo? «Perché si pensa che sia noioso, mentre Parigi ne ha addirittura due». Cosa servirebbe all'alta moda romana per decollare? «Ci vuole un progetto di 3 anni, finanziamenti più sostanziosi, figure che conoscano la moda internazionale, che sappiano trovare una via per Roma. Noi abbiamo cercato di dare un approccio internazionale. La creatività c'è ma il nostro contenitore non è abbastanza prestigioso. Avevamo brevettato «Roma amor - la nascita della moda italiana dal '47 agli anni '70», una grande mostra itinerante. Il progetto però non interessa, non sembra una cosa importante. Non abbiamo trovato sponsor». Quanto costerebbe? «Dagli 800 mila al milione di euro. Strinati ci aveva già dato l'ok per farla a Palazzo Venezia. L'inaugurazione avrebbe dovuto essere a luglio 2011 per poi girare il mondo. Il nostro progetto puntava sugli aspetti culturali, voleva aprire, su questo palcoscenico di storia, spazi per i giovani che qui sembrano dei poveretti, nessuno pensa a loro». Lei ha detto d'aver lavorato gratis e con un budget molto ridotto. Ci dà delle cifre? «Abbiamo avuto a disposizione 2 milioni e 800 mila euro l'anno per le sfilate circa ma ne servirebbero almeno il doppio. In due anni il mio compenso è stato di 20 mila euro. Quest'anno i consiglieri di amministrazione ed io abbiamo rinunciato ai nostri compensi per far quadrare il bilancio». Verrebbe da dire: "ma chi gliel'ha fatto fare?" «All'inizio la proposta di Mondello mi è sembrata un privilegio. Sapevo che avrei avuto grande sostegno. E poi avevo accettato solo per anno poi prolungato per un altro anno». Un consiglio per il nuovo presidente? «Di non ascoltare le polemiche, avere un progetto forte e crederci. Posso comunque dire che lasciamo in eredità una manifestazione in crescita, rinnovata e solida. In tempi di crisi, senza sponsor, potevamo anche chiudere e invece AltaRoma è viva e vegeta». Cosa ha in mente ora? «Voglio fare progetti per giovani artisti italiani poco conosciuti all'estero. Starò molto a Londra dove vive mio figlio (Andrea, 19 anni) che studia fisica. E poi il mio compagno vive a Sorrento e negli ultimi due anni l'ho visto solo nei week end, voglio poter stare di più con lui». Il sogno nel cassetto? «Creare una vetrina itinerante per i giovani in giro per il mondo, in modo che le aziende possano vederli e puntare su di loro, nella moda, nell'arte, nel design. Per il momento sto lavorando a un libro fotografico, in uscita a ottobre che raccoglie l'esperienza di "Artisti in residenza": un gruppo di giovani nella mia casa di Stromboli si sono incontrati e hanno interagito con l'aiuto di Milan Farronato. È su questa strada che ora voglio continuare».