Delusi e traditi, gli ex contro il Pd
Sparano senza complimenti sul Partito Democratico i suoi ex uomini. Sia chi ne è stato allontanato quando non più funzionale come quel Giovanni Consorte (ad di Unipol al tempo in cui stava per consegnare su un piatto d'argento ai Ds la Banca Nazionale del Lavoro), sia chi ne è uscito, deluso dall'inconsistenza del progetto, come Francesco Rutelli. E se il primo in ossequio alla sua formazione pragmatica spara a pallettoni, il secondo usa una scarica di più minuti pallini. Non per questo meno dolorosi. Consorte usa il palcoscenico di un'intervista al Corriere della Sera per chiarire quale granello di sabbia si infilò nell'ingranaggio pensato per portare la Bnl nella disponibilità della finanza rossa. «Veltroni, Fassino, D'Alema: mi hanno abbandonato. Sacrificato sull'altare del primato della politica. C'era da far nascere il Pd, e a marzo 2006 c'erano le elezioni». Vetriolo puro quello di Consorte per il quale «la mancanza di una linea e di una azione politica precisa del Pd - anche se allora non era ancora nato - ha origine da quella vicenda», dalla «guerra contro la scalata Bnl» dell'estate 2005. Una banca dà potere. «Così dopo il lancio dell'Opa su Bnl si scatenò la reazione delle forze economiche e politiche: la componente cattolica del futuro Pd temeva un eccessivo potere degli ex Ds». La storia di quella estate di scalate diventa chiara. Con Unipol-Bnl sarebbe nato il terzo gruppo bancario italiano. Un fortino che «avrebbe spostato l'asse del potere su Bologna e sull'Emilia. Rutelli, Parisi, Amato, Bertinotti e molti altri - prosegue Consorte - temevano che Unipol-Bnl avrebbe reso più forte Fassino e D'Alema». Ricordati dal manager anche per la loro mancata riconoscenza. «Quei due non sapevano nulla dell'operazione, facevano il tifo (battuta da incorniciare Fassino che esclama al telefono: ma allora abbiamo un banca? ndr). Ma quando esplose il sisma non ho avuto una chiamata». A far buona compagnia all'ex Unipol è arrivato ieri anche Rutelli. Meno caustico del manager ma altrettanto duro nel giudizio. «Non ho alcun rancore verso il Partito democratico, auguro il meglio al Pd, ma almeno non toglietemi il sollievo di non farne più parte» ha detto in un passaggio del suo intervento alla Assemblea nazionale di Alleanza per l'Italia a Napoli. Insomma uscire dal partito guidato da Bersani è stato per l'ex sindaco di Roma una liberazione. Nelle sua parole anche il rimpianto per il fallimento del progetto. «Il Pd si annunciava come una speranza. Poi, dopo un periodo di confuso eclettismo, si è vinto un congresso, annunciando la fine della ricreazione. A quanto pare la ricreazione, però, continua».