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I processi-lumaca costano 267 milioni in risarcimenti

tribunale

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Una relazione dettagliata e ricca di numeri. Vincenzo Carbone, primo presidente della Corte di Cassazione ha «fotografato» tutti gli sprechi di una giustizia lumaca. Ecco alcune delle cifre più significative: 1.210 giorni per recuperare un credito; 1.549 giorni la durata media dei giudizi civili davanti alle Corti d'appello; 740 giorni per un giudizio di separazione; 267 milioni di euro di risarcimenti per la lentezza dei processi; 2,3 miliardi di euro il costo della lentezza della giustizia per le imprese. Ma secondo il presidente Carbone la durata eccessiva dei processi non dipende dai giudici italiani — la cui capacità pro-capite di definizione degli affari civili è doppia rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei — bensì dall'abuso del ricorso al processo e dalla litigiosità degli italiani. Un problema chiave, però, è anche quello delle risorse e degli sprechi. La spesa per la giustizia risulta recessiva sia in valore assoluto sia in relazione alle altre spese pubbliche, e ancora più gravi sono gli sprechi. Il 34 per cento delle uscite dei 29 distretti (circa 800 milioni di euro) sono inutili, calcola il primo presidente. L'Italia risulta poi essere al 156° posto al mondo nella classifica 2010 della Banca mondiale relativamente a tempi e costi della giustizia civile. Lussemburgo, Germania, Belgio, Regno Unito e Svizzera figurano tutte tra i primi 29 posti, mentre l'Italia è subito dopo Gabon, Guinea Bissau, Sao Tomè e precede Djbuti, Liberia e Slovenia. Nel nostro Paese occorrono 1.210 giorni per recuperare un credito, con un costo corrispondente al 29,9 per cento del debito azionato. E ci vogliono circa mille giorni perché una causa civile prenda il via in primo grado e la giacenza media varia a seconda delle aree del Paese: i tempi di attesa sono di 762 giorni nel nord, 954 nel centro, 1.172 nel sud e 1.079 nelle isole. Il capitolo costi è altrettanto allarmante: il ministero della Giustizia ha pagato, fino al 2009, 150 milioni di euro di risarcimento per la legge Pinto, ha un debito ancora esistente, fino al 2008, di 86 milioni di euro, e per il solo anno 2009 sono già stati contratti 31 milioni di debiti, per un totale ammontante a 267 milioni di euro. I ritardi della giustizia non costano solo allo Stato, ma anche alle imprese. Una «tassa occulta» di 2,3 miliardi di euro, circa 371 euro per azienda, che ricade su fornitori, clienti, consumatori. Maggiori costi per le imprese si riscontrano in Lombardia (20 per cento del costo totale dei ritardi), seguita da Lazio (13,4 per cento), Campania (10,7 per cento) ed Emilia (8,8 per cento). Negli ultimi anni la spesa per la giustizia risulta recessiva sia in valore assoluto sia in relazione alle altre spese pubbliche: l'incidenza delle complessive spese per la giustizia sul bilancio dello Stato oscilla dall'1,11 per cento del 2005, l'1,22 per cento del 2006 e l'1,15 per cento del 2007, all'1,07 per cento del 2008 e, infine, all'1 per cento del 2009. In calo anche la spesa per abitante: da 134 euro nel 2008 a 127 nel 2009 a 122 nell'anno appena iniziato. «Ma ancora più grave — scrive Vincenzo Carbone nella relazione — è la scarsa qualità della spesa per i molti sprechi. Delle spese dei 29 distretti, il 34 per cento sono inutili, con prevalenza nei distretti del sud: parliamo di 800 milioni di euro, da spendere in meno o meglio». Inoltre, annota ancora il presidente della Corte di Cassazione «la distribuzione ottocentesca delle circoscrizioni giudiziarie contrasta con i principi di buona organizzazione degli uffici pubblici. Occorre con urgenza un riordino». In Italia ci sono 165 tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di tribunali. Di questi, 93 tribunali e procure, che rappresentano il 56 per cento degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 magistrati, e circa 60 hanno sede in territori che già possono contare sull'esistenza di un tribunale nella sede del capoluogo provinciale. Abbiamo 19 tribunali in Sicilia, con 4 corti d'appello, e 17 tribunali in Piemonte; a Sulmona il tribunale più piccolo ha un presidente e 3 giudici. Infine il capitolo carceri. Grazie al provvedimento di indulto sono usciti dagli istituti penitenziari 26.752 detenuti. Ma nel giro di un anno dall'agosto del 2006 i detenuti sono passati da 38.847 a 46.118. Oggi in carcere ci sono oltre 66.563 detenuti e il numero è in continuo aumento. Immaginando un tasso di detenzione di 100 detenuti per 100mila abitanti e tenuto conto che la popolazione italiana è di oltre 58 milioni di abitanti, gli istituti dovrebbero essere messi in grado di accogliere circa 60mila persone (in luogo delle attuali 43.140) e nello stesso tempo andrebbero riviste le norme penali, processuali e penitenziarie per stabilizzare a tale livello il numero dei detenuti.

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