La grande occasione del Pdl
Prima di arrivare a fare le considerazioni che ci stanno a cuore sul Pdl, dobbiamo dire qualcosa sull'altra metà del cielo, non sia mai che qualcuno possa pensare che siamo in vena di sconti. Dice il vecchio proverbio che spesso piove sul bagnato: mai espressione più appropriata per i guai devastanti che si stanno accumulando sul vertice del Pd e sul povero segretario Bersani. Ieri infatti, come in un micidiale "uno-due" dal forte sapore pugilistico, sono arrivati i risultati definitivi del trionfo di Vendola alle primarie pugliesi, combinati con le clamorose dimissioni del sindaco di Bologna, travolto da un scandalo che fa più ridere che piangere, più tristezza che indignazione. Se però vogliamo spostarci dal piano della cronaca a quello dell'analisi, ecco che i fatti finiscono per essere conseguenti alla pochezza della sinistra italiana di questi mesi, una sinistra incapace di parlare alla gente e priva di una classe dirigente minimamente nuova e credibile. Torniamo ora al Pdl, alle sue prospettive e al ruolo di Berlusconi. I risultati delle urne (di partito) pugliesi dimostrano che le manovre di palazzo sono indigeste e vengono rigettate dalla gente. D'Alema e Casini non lo hanno capito e Vendola si è incaricato di spiegarglielo. A destra tutto sommato l'esito delle primarie può anche andare bene, fermo restando che il più probabile vincitore in Puglia rimane lo stesso Vendola. Quello che conta però è che il Pdl è uscito dall'impasse in cui sembrava caduto fino a dicembre. Adesso infatti è capace di allearsi (come è ovvio) con la Lega al nord, ma anche di stringere patti locali con l'Udc al centro-sud (Lazio, Campania, Calabria), dimostrandosi quindi coerente sul piano nazionale ma flessibile su quello locale. È il giusto comportamento di un grande partito e soprattutto è il segnale di una ritrovata centralità nel «ring» politico nazionale che è la vera premessa a quella stagione di riforme concrete che si dovrà aprire un minuto dopo la chiusura della urne per le elezioni regionali. Berlusconi si è dimostrato ancora una volta capace di dare lui le carte e non deve sprecare questo grande patrimonio. Chi nelle scorse settimane gli ha consigliato un patto esclusivo a due con la Lega (penso, ad esempio, a un editoriale di Vittorio Feltri) ha usato parola di forte emotività ma di scarsissima lungimiranza politica, peraltro in assoluta controtendenza rispetto al carattere del premier, che da sempre è pronto al dialogo in più direzioni. Tra l'altro queste alleanze «sudiste» rappresentano una grande opportunità anche per Casini, che finirà per essere utile al Pdl su alcune importanti vittorie regionali, finendo così per riannodare alcuni dei fili spezzati nell'ultimo biennio. Ciò che ci sta a cuore è comunque un punto assai semplice: il bipolarismo italiano è virtuoso e non malato, va difeso e riempito di contenuti anzichè combatterlo. L'impegno però deve essere chiaro: il sostegno che la maggioranza avrà da queste regionali dovrà essere impiegato sui grandi fronti del fisco, della giustizia, della famiglia, delle pensioni (future, non tanto quelle presenti). Non sono ammessi scherzi.