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Cuffaro condannato a sette anni: «Lascio le cariche di partito»

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Comeprevisto, la sentenza è arrivata ieri, puntuale alle 11, dopo 25 ore di camera di consiglio. Dunque, un'altra tegola s'abbatte sulla testa dell'ex governatore della Sicilia. Un macigno, meglio dire, dato che il verdetto emesso dal Tribunale di Palermo di ieri rafforza di due anni la pena a Cuffaro rispetto alla sentenza di primo grado (5 anni per favoreggiamento semplice) del 18 gennaio 2008. «Rispetterò la sentenza con grande serenità», sono state le prime parole dell'ex governatore. È arrivato mezz'ora prima della condanna, Cuffaro, varcando i cancelli del carcere Pagliarelli. Inappuntabile nel suo completo grigio. Ad attendere il vice segretario dell'Udc nell'aula bunker del penitenziario palermitano, gremita di giornalisti, avvocati e parenti degli imputati. E, tra gli altri, il fratello Silvio. Cuffaro s'è seduto in prima fila, dietro i banchi della difesa, i legali Antonino Mormino e Antonino Caleca. Un'attesa affannosa, poi la sentenza emessa dalla terza sezione della Corte d'appello di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino. In sostanza, i giudici hanno riconosciuto, come chiesto dal pg, la sussistenza dell'aggravante dell'avere agevolato Cosa nostra. «Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte» ha commentato proprio il pg Daniela Giglio, che ha sostenuto l'accusa (aveva chiesto una condanna a otto anni) al cosiddetto processo alle talpe alla Dda. E che vede altri imputati come l'ex manager della sanità privata Michele Aiello condannato a 15 anni e 6 mesi. A dire il vero, alla vigilia non si prefigurava per Cuffaro una condanna così pesante. Lo stesso governatore ripeteva di essere «sereno, il processo mi pesa, ma accetterò la sentenza, qualsiasi essa sia». Sul fronte politico, Cuffaro ha poi aggiunto: «Lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere, alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia». Immediate le reazioni. La prima arriva dal compagno del partito di Casini, Lorenzo Cesa. Per il segretario dell'Udc «le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico più eloquenti di ogni nostra parola. Sul piano personale è per noi il momento dell'affetto e della vicinanza a lui e alla sua famiglia». Sostegno arriva anche dal senatore del Pd ed ex segretario Udc, Marco Follini, secondo il quale l'ex governatore «non c'entra nulla con la mafia». «Lo pensavo quando eravamo compagni di partito — ha aggiunto — e non ho cambiato idea». A fianco a Cuffaro pure il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione: «Esprimiamo massimo rispetto per la magistratura, ma attendiamo con fiducia il terzo grado di giudizio per Salvatore Cuffaro, ribadendo la convinzione della sua innocenza, della sua onorabilità e della sua lontananza e disprezzo per la mafia». Dall'opposizione si elevano soltanto voci della cosiddetta sinistra estrema. Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista: «La questione morale non può essere agitata a corrente alternata e le questioni di mafia non possono essere messe in un cassetto». A dar fiato pensa Claudio Fava, coordinatore della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà e per il quale «le sentenze si rispettano dimettendosi». Il calvario di Cuffaro, adesso, s'avvia verso il ricorso in Cassazione.

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