Sull'Udc decide il premier
Un albergo di lusso. Non la casa dell’uno o quella dell’altro. Il summit sulle candidature per le Regionali avviene stavolta in un albergo nel centro di Roma. Due ore e mezzo di pranzo, con Berlusconi e Fini, assieme a Gianni Letta e i vertici del Pdl. E all’uscita: «Tutto bene, è andata come doveva andare». Sull’alleanza con l’Udc la palla ora passa ai dirigenti Pdl locali. Il menù del pranzo all'Hotel De Russie è stato basato quasi tutto sulle Regionali (tranne una breve parentesi sulla Giustizia). Con, ovviamente, come piatto forte la questione Udc. Alla fine tutti contenti, «tutto bene, è andata come doveva andare». I due cofondatori escono sorridenti dall'hotel di via del Babuino, a seguire anche tutti gli altri. Davanti a microfoni e telecamere tutti d'accordo nel sottolineare «la valutazione condivisa negativa» verso la politica delle alleanze a macchia di leopardo dell'Udc. E, soprattutto, ecco quanto stabilito: il Pdl presenterà in ogni regione un proprio candidato con un preciso programma. Saranno i dirigenti regionali che dovranno vedere se ci sono possibilità di fare alleanze su quel candidato. Quindi proporranno la cosa all'ufficio di presidenza e questo deciderà se convalidare. Dopodiché, l'ultima parola spetterà a Berlusconi. Tradotto: no ad apparentamenti alle regionali in nome di meri calcoli di spartizione delle poltrone. Al termine del pranzo il clima che si respirava tra i commensali era un po' quello da gita scolastica: ci sono Gasparri e Quagliariello, Bocchino e Cicchitto, La Russa, Bondi e Verdini. Tutti sorridenti e contenti. A cominciare, racconta chi ha partecipato, dal presidente della Camera, per il ritrovato e tanto ricercato confronto all'interno del partito (secondo quanto stabilito ci si incontrerà una volta alla settimana). E non solo. Anche nel vis a vis con il premier è andata bene. «Fini - ripetono in tanti - è contento». D'accordo con il Cavaliere sull'inaccettabilità degli attacchi da parte degli uddiccì al «bipolarismo», concetto alla base della nascita del Pdl. Rispetto alla «terra di nessuno», in cui girovaga il partito di via Due Macelli. Ciò non significa mandare in soffitta intese che convengono sia al Pdl che all'Udc, come ad esempio nel Lazio. A maggior ragione se importanti per i finiani, ansiosi di sostenere al meglio la loro candidata Renata Polverini. Altre intese sono possibili, forse in Campania (dove però la situazione resta ancora in alto mare) o in Calabria (dove di fatto l'intesa tra Pdl e Udc già esiste). E magari in Puglia qualora la vittoria di Nichi Vendola rendesse impossibile un'intesa Pd-centristi. Ma niente di più. Diverso il discorso al nord. «Dove di fatto non si pone il problema», andando i centristi o da soli o con il centrosinistra. Tanto meglio, hanno ragionato i due cofondatori, sarà più facile fare campagna elettorale, riuscendo magari sia a portare qualche elettore loro «dalla nostra parte», sia a superare anche la Lega (musica per le orecchie di Fini). Anche il Cavaliere è soddisfatto. Anche perché, come spiegano dalla maggioranza, ribadendo con convinzione la scelta bipolare il vertice pidiellino di ieri, si costringe implicitamente il presidente della Camera a prendere le distanze da Casini e a rinunciare a futuri assi per circoscrivere la leadership berlusconiana (causa del malessere inziale del premier rispetto all'accordo tra i due sul Lazio). Tutti i partecipanti si dicono entusiasti per la «ritrovata unità interna». Un incontro definito «eccellente» da Sandro Bondi: a lui spetta il compito di dare le comunicazioni alla stampa. Curiosa la sistemazione trovata per leggere il documento finale, decisa per evitare il congestionamento del traffico a pochi passi da Piazza del Popolo: l'intero stato maggiore del partito dietro il bancone di un bar nel cortile dell'hotel. Una nota di gossip: è stato lo stesso Berlusconi a fare gli inviti per il pranzo in albergo, anche se Gianfranco Fini utilizza spesso la stessa saletta per riunioni di lavoro. Giancarla Rondinelli