Ora Fini può persino criticare
Si è aperta una nuova fase. O almeno questa è la sensazione. Le frasi di Gianfranco Fini sul processo breve e sul fatto che verrà modificato nel prossimo passaggio alla Camera sono state accettate dalla maggioranza, e soprattutto dall’ala forzista del Pdl, come normali. Persino condivisibili. Sino ad una settimana fa se il presidente della Camera avesse detto qualunque banalità del tipo «fuori piove» o «oggi c’è il sole» o «fa freddo», sarebbe stata interpretata come un chiaro attacco al presidente del Consiglio, un segnale di destabilizzazione, all’esecutivo. Stavolta tutto appare normale. Finanche giusto. Si è tornati a una linea ragionevole. Avanti con la giustizia, avanti con il legittimo impedimento, avanti con lo stop dell’assalto dei pm in piena campagna elettorale. E poi avanti con il lodo Alfano per via costituzionale. Il processo breve sarà rivisto. Il Pdl ha fatto la sua prova di forza al Senato approvandolo in quattro e quattr’otto. Anche se alcuni punti non piacciono al Quirinale. Alla Camera sarà modificato. Anche per andare incontro alle richieste del Pd, che aveva chiesto proprio di metterlo da parte. E non è un caso che il presidente della Camera sia colui il quale annuncia i cambiamenti perché così potrà proporsi come il garante delle parti, l’uomo delle istituzioni. Garante nei confronti del presidente della Repubblica. E garante nei confronti della magistratura che pure aveva chiesto di fermare quel testo così com’era. La novità della giornata è che se la terza carica dello Stato si propone come garante delle istituzioni nessuno più grida allo scandalo.