Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Il terrore negli occhi dei feriti: "Una furia, voleva ucciderci"

Gabriele Mancini, l'uomo che ha tentato la strage in una caserma dei vigili del fuoco a Roma in zona Capannelle

  • a
  • a
  • a

«Domenico ha raccontato che era impossibile bloccare quella furia omicida. Gabriele continuava a dare coltellate. Era senza freni, sembrava avesse una forza sovrumana». Questo il racconto di un collega di Domenico La Barbera, neosegretario Uil-vigili del fuoco, uno dei nove feriti e fra i cinque raggiunti dalle coltellate vibrate ieri da Gabriele Mancini nella caserma di Capanelle. Momenti di panico, lotta serrata con un folle, un collega impazzito la cui rabbia era del tutto incontenibile. Fra i nove feriti, quattro sono stati investiti dallo stesso Mancini quando si è dato alla fuga con la sua auto. In più c'è anche una loro collega colta da crisi di panico. Tutti vengono subito distribuiti dal 118 in diversi nosocomi della Capitale per ripartire lo sforzo e intervnire nel più breve tempo possibile. Domenico La Barbera, ricoverato all'ospedale Vannini di via Acqua Bullicante, se l'è cavata bene, ha solo delle ferite lacerocontuse alla testa: viene dimesso già alle 15 circa. È stato lui a cercare di fermare Gabriele Mancini quando questi ha iniziato l'assalto in ufficio. «Domenico ha tentato di placcarlo, di avvinghiarlo per bloccarne le braccia – racconta un collega davanti al pronto soccorso dell'ospedale - Non c'è stato nulla da fare e s'è beccato delle coltellate alla testa, fortunatamente con conseguenze secondarie. Ha raccontato di aver iniziato a sanguinare e di aver quasi perso i sensi ritrovandosi steso a terra senza sapere neppure lui come». Al Vannini anche una collega che nell'ufficio della caserma occupava la seconda di tre scrivanie. È Maria Mangioni, più grave ma non in pericolo di vita: il coltello brandito da Mancini l'ha raggiunta alla parte posteriore del collo e al petto. Il referto descrive un forte ematoma al collo per il colpo della lama che ha causato una ferita di 8-10 centimetri e un'emorragia; per il taglio al petto è stato necessario intervenire chirurgicamente in quanto il colpo ha generato uno pneumatorace, aria nel cavo pleurico. Mentre vengono fuori i bollettini medici e si comprendono le condizioni dei nove feriti, il prefetto Francesco Paolo Tronca, capo dipartimento dei vigili del fuoco, fa il giro degli ospedali dove sono stati ricoverati i suoi uomini per rendersi conto direttamente della situazione. Il più grave dei cinque accoltellati è l'ingegnere Manuele Tumminieri, segretario del dirigente dell'area in cui lavorava Mancini, primo ad essere ferito dal folle. Il vigile del fuoco è stato ferito al volto e al collo: ricoverato con codice rosso al Gemelli, è giudicato fuori pericolo verso le 17,40. Al policlinico Casilino un altro dei cinque accoltellati, Fabio Massimo Calvagna: il vigile del fuoco, 45 anni, è ferito da due affondi con coltello, uno al torace e l'altro a una coscia. Quando giunge all'ospedale, i medici lo sottopongono a controlli e comprendono che le ferite non sono così gravi. Non è in pericolo di vita. Lunedì scorso Fabio aveva ripreso servizio nella caserma di piazza Scilla dopo un turno in Abruzzo. Ha ricordi ben vivi di quegli attimi di terrore scatenati da Mancini: «Ho sentito strillare e sono intervenuto per fermare la rissa. Pensavo fossero pugni, non mi ero accorto che aveva in mano un coltello». «Non gli ho chiesto di tutto quello che è successo per non agitarlo - dice Paolo, uno dei due figli di Fabio - Ora è fuori pericolo ed è tranquillo ma non so ancora quando lo dimetteranno». Una ferita al torace da pugnalata anche per Augusto Marchionne, in codice rosso al pronto soccorso del San Camillo. All'Umberto I Luigi e Antonio Volta che presentano varie escoriazioni per il tentativo del collega impazzito di metterli sotto con l'auto. Stesso destino toccato a Corrado Betti (è al San Giovanni) e a Gaetano Tarantino, al pronto soccorso del Pertini.

Dai blog