Una "bufala" di mozzarella
C'è chi va in Campania solo per gustare la mozzarella di bufala e chi se la fa addirittura spedire in tutta Italia pur di poter assaporare una prelibatezza tipicamente partenopea. Questa volta però l'oro bianco, vanto della Campania, ha subito la sua ennesima infamia. E così, un prodotto che nella storia è riuscito a superare momenti difficilissimi come quello legato alla brucellosi e alla diossina, questa volta è stato "pugnalato" proprio da chi avrebbe dovuto tutelarne il marchio. Un tradimento messo in atto dal Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala e dal suo presidente, Luigi Chianise, sorpreso durante alcuni controlli ad «annacquare» il latte. Un comportamento che ha suscitato lo sdegno del ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, che ha immediatamente provveduto a firmare un decreto con cui commissaria il Consorzio e ne affida il controllo a quattro uomini di sua fiducia affinché indaghino anche questo grave caso di contraffazione. Una storia iniziata a novembre dell'anno scorso quando, in seguito a numerosi controlli nella grande distribuzione, è emerso che nel 25 per cento dei campioni analizzati, le mozzarelle non erano prodotte esclusivamente con latte di bufala ma contenevano almeno il 30 per cento di latte vaccino. Una percentuale troppo alta per il presidente del consorzio della Mozzarella di Bufala, Luigi Chianese, che rigetta immediatamente le accuse: «Di ufficiale non è arrivato ancora nulla. Dai dati in nostro possesso i campioni che presentano latte di vacca rappresentano una percentuale molto bassa, che non è la stessa dichiarata dal ministro». Così, in un turbinio di cifre e percentuali, la mozzarella diventa veicolo per accendere una polemica che sembra avere radici lontane. È lo stesso Chianese, infatti a dare una diversa chiave di lettura all'accaduto: «Si tratta di una vera e propria campagna di veleni contro il consorzio condotta attraverso una serie di lettere anonime con allegate le fotocopie dei campioni prelevati dalla propria azienda». E così, anche i campioni provenienti dal caseificio di Chianese, che Zaia ha definito «annacquati», diventano per il presidente del terzo consorzio italiano per fatturato «campioni di prima istanza e, in quanto tali, non validi a livello legale, almeno finché non si confermano i risultati con ulteriori analisi». E se questo non fosse ancora sufficiente per spostare l'attenzione dal commissariamento, allora Chianese ricorre alla carta del mancato rispetto dei regolamenti: «Per legge i risultati devono rimanere, fino a prova contraria, riservati». Così non è stato, e dal presidente del Consorzio è partita una denuncia alla Procura della Repubblica. «Ci sono stati troppi fatti strani». Senza considerare che «si tratta solo di una questione amministrativa che non ha ripercussioni sulla salute dei consumatori». Sarà anche una questione amministrativa, ma il risultato non cambia: è stato ferito «uno dei più importanti prodotti Dop che si producono in Italia» spiega Zaia. Una posizione condivisa dalla Regione Campania e dal suo assessore all'Agricoltura, Gianfranco Nappi: «Ci sentiamo parte lesa di fronte alle violazioni riscontrate durante i controlli. Non è accettabile che per le frodi di alcuni produttori un'intera filiera, altamente strategica per la Campania, rischi di essere penalizzata in modo grave». E dalla sua parte si schierano anche le associazioni di categoria come la Coldiretti Campania che, con il suo direttore Vito Amendolare, commenta: «Il commissariamento è un fatto positivo perché significa che i controlli ci sono e funzionano».