Silvio ai giudici: "Contro di me ci sono plotoni di esecuzione"
Contro di lui plotoni di esecuzione. Berlusconi è lapidario. In cuor suo sa che alcuni magistrati sarebbero pronti a sparare se ne avessero la possibilità. Vede fucili puntati addosso ovunque, ma non ha intenzione di immolarsi. Non ha problemi a dichiararlo. Berlusconi sembra quasi bramare che i cronisti gli domandino se parteciperà ai processi che lo riguardano per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «I miei avvocati insistono a dire che mi troverei di fronte a dei plotoni di esecuzione. Non so se andrò, stiamo discutendo». Dichiarazioni che, come benzina sul fuoco, alimentano le polemiche proprio nel giorno in cui, con il voto favorevole di 163 senatori contro i 130 contrari e due astenuti, è stato dato il primo via libera al disegno di legge sul processo breve. Un aggettivo che non piace a al premier che invece lo definisce lungo: «I tempi introdotti con questa nuova legge, non sono ragionevoli. Si tratta di dieci o più anni, vorrei fossero più brevi perché chi è chiamato dentro il girone infernale del processo in Italia è una persona persa». Dubbi a parte, quello di ieri è un voto che il Cavaliere vuole difendere a tutti i costi. E allora l'opposizione diventa un gruppo di persone «intellettualmente disoneste» e, a quelli, che vedono già elementi di incostituzionalità sulla legge risponde: «Non credo ci sia questo pericolo. C'è l'Europa che ci chiede tempi certi per i processi e poi c'è la Costituzione che ci dice che devono avere dei tempi ragionevoli». Ma se il premier attacca, i giudici non lesinano di rispondere. La controffensiva parte proprio dal Comitato intermagistrature che in una nota ribadisce «le fortissime preoccupazioni per i prevedibili effetti del disegno di legge che rischia di produrre conseguenze devastanti sull'intero sistema della giustizia italiana». E continuano: «Non possiamo assistere in silenzio a riforme che sacrificano le esigenze di tutela delle vittime dei reati, pongono nel nulla l'impegno delle Forze dell'Ordine e comportano vistose violazioni del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, distruggendo il funzionamento della giustizia in Italia». Affermazioni che non piacciono al ministro della Giustizia Angelino Alfano che, dopo aver definito la lentezza dei processi «un nemico insidioso» guarda avanti e commenta: «Sono certo che il 2010 possa passare alla storia come l'anno della compiuta riforma ordinaria e costituzionale del sistema giudiziario italiano». Un messaggio lanciato dal Guardasigilli durante la sua relazione al Senato sull'amministrazione della giustizia nel 2010. Un appuntamento per ribadire come nei prossimi mesi «occorra procedere alla riscrittura di alcune fondamentali e strategiche regole costituzionali che, ferma l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, attribuiscano al giudice il ruolo centrale nell'esercizio della giurisdizione e garantiscano a un separato ordine dell'accusa piena autonomia nell'esercizio dell'azione penale nonché dello svolgimento delle indagini sulle notizie di reato che ad esso pervengano».