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Quella legge non è un aiuto a nessuno

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Sidoveva votare il cosìddetto processo breve (che non è breve manco per niente) e si era alle dichiarazioni di voto. Quando ha parlato il capogruppo del Pd ha illustrato tutti gli sforzi da loro fatti per accorciare i tempi patologicamente lunghi della giustizia italiana. Quando ha preso la parola il capogruppo del Pdl ha fatto osservare che mentre la Corte Europea di Strasburgo considera ragionevole un tempo processuale fra i 6 e gli 8 anni (a me ne risultano quattro, ma lasciamo perdere), la legge in votazione ne consente uno oscillante fra i 10 e i 15. Dopo di che, ci si sarebbe aspettati, visto il nome del provvedimento, che il primo votasse a favore e il secondo contro. Invece avveniva il contrario. La verità è che la proposta, che ora passa all'esame della Camera, non accorcia i tempi, non agisce dentro i meccanismi processuali, ma fissa dei limiti. È un incentivo a sbrigarsi (si fa per dire), non un aiuto in tal senso. Sicché, posto che tali limiti sono sempre troppo alti, la vera discussione dovrebbe vertere su come agguantarli. Faccio esempi concreti: obbligare i magistrati a rispettare tutti i tempi già previsti dalla procedura, mentre oggi li sforano alla grande; regolare in modo diverso le notifiche. Non sono proposte che risolvono tutto, ma sistemi per far camminare il pachiderma. Si litiga sul termometro, stabilendo che dopo una determinata temperatura lo si butta, anziché sulla malattia. La maggioranza ha ribadito, ieri, di volere continuare la propria azione riformatrice. Sarebbe ora. Ma l'opposizione ha preferito alzare la bandiera del voto contrario, mettendo le proprie parole in contraddizione con le azioni. Cerchiamo, se possibile, di vedere il lato positivo: una volta approvata questa legge, il calor bianco della polemica, come al solito concentrata sui procedimenti che riguardano il presidente del Consiglio, scemerà. A quel punto sarà possibile ragionare, dando modo di verificare chi parla avendo a cuore la giustizia e chi per pura propaganda, o interessi di parte. La sinistra dovrà cogliere il momento e l'occasione, altrimenti si condannerà ad essere solo lo schieramento del giustizialismo e del no, affossandosi in una posizione che, dal 1994 ad oggi, frutta isolamento politico e svantaggio elettorale. La finestra che si apre dopo le regionali, finita l'ennesima campagna elettorale, è, pertanto, più unica che rara. La sinistra si giocherà la possibilità di far politica, seria, guardando al futuro, piuttosto che al passato.

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