Dal Senato sì al ddl sul processo breve
Il Cav: "Processi? Plotoni d'esecuzione"
L'aula del Senato ha approvato in prima lettura il ddl sul processo breve. I sì sono stati 163, i no 130, gli astenuti 2. Il provvedimento passa ora alla Camera dei Deputati. Hanno votato a favore Pdl e Lega Nord, contro Pd, Idv e Udc. Non ha votato in dissenso dal proprio gruppo il senatore Enrico Musso del Pdl e il senatore Alberto Maritati del Pd che ha voluto «marcare anche fisicamente la distanza da questo ddl». Il provvedimento, approvato in prima lettura tra le proteste dell' opposizione che ha contestato i tempi stretti della discussione e gli applausi della maggioranza, era approdato in Aula martedì della scorsa settimana ed è stato licenziato in una settimana e va alla Camera. I cinque articoli del disegno di legge, di cui è primo firmatario il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, sono stati modificati con il maxiemendamento del relatore giuseppe valentino (pdl), approvato ieri dall'assemblea, che ha allungato leggermente la durata massima di alcuni gradi di giudizio, superati i quali scatta l'estinzione. Il testo sulla ragionevole durata del processo prevede ora per i reati penali: 3 anni per il primo grado, 2 anni per l'appello e 1 anno e mezzo in Cassazione per i reati con pene sotto i dieci anni; 4 anni per il primo grado, 2 anni per l'appello e 1 anno in Cassazione per i reati con pene pari o superiori a dieci anni: 5 anni in primo grado, 3 anni per l'appello e 2 anni in Cassazione per reati gravi come mafia e terrorismo. L'estinzione del processo non si applicherà ai processi in corso, tranne che per i reati con pene sotto i dieci anni commessi prima del 2 maggio 2006 (indulto). Per quest'ultima fattispecie, nella quale rientrano i processi Mills e Mediaset, è prevista una riduzione della durata massima del primo grado di giudizio a 2 anni. La norma ha provocato la dura reazione dell'opposizione che ha parlato di "scempio della giustizia italiana". Nel gruppo del Pdl, però, è da registrare almeno un dissenso. E' quello pubblico di Enrico Musso, docente universitario di economia applicata, che in Aula ha preso la parola per dichiarazione di voto in dissenso dal suo gruppo: pur ribadendo la sua fedeltà politica e anche personale a Silvio Berlusconi, "al quale devo la mia candidatura - ha detto - e vista la legge elettorale anche la mia presenza qui", ha accusato la maggioranza di aver commesso "un errore grave, quello di non ammettere pubblicamente che c'erano due obiettivi, quello della ragionevole durata dei processi e quello che è diventato una sorta di agenda nascosta, la tutela del presidente del Consiglio". Applausi per lui dall'opposizione, che ha denunciato, sia con l'Udc che con l'Idv e il Pd, l'essere "ad personam" come ultima ratio della norma approvata oggi. "Con questo ddl, la maggioranza - ha ricordato la capogruppo democratica Anna Finocchiaro - approva il diciannovesimo provvedimento dell'era berlusconiana destinato a incidere su di un procedimento penale a carico del premier. Questo significa più cose: che per 19 volte avete usato il Parlamento, occupandone tempo e risorse pubbliche destinate a leggi generali nell'interesse del Paese, per fini particolari; che, nonostante i vostri sforzi, e gli sforzi degli avvocati del premier, non siete stati capaci di trovare soluzione; che la vostra priorità è stata, di governo in governo, innanzitutto l'interesse privato; che non avete avuto timore, a questo fine, di devastare l'ordinamento creando pubblico danno; che non avete mai avuto senso di vergogna". Anche il voto di oggi, al di là delle dichiarazioni di voti, ha avuto i suoi attimi di tensione. Sia prima che dopo il voto, infatti, il gruppo dell'Idv si è alzato e ha esposto alcuni cartelli contro la norma, con i quali invitavano il presidente del Consiglio a "farsi processare". Immediata la reazione dei commessi, che però hanno avuto le loro difficoltà a togliere i cartelli dalle mani dei senatori, soprattutto da quelle di Stefano Pedica, particolarmente abile nel tenere lontano il foglio con il quale annunciava la "morte della giustizia". A un certo punto, vista la bagarre prima del voto finale, è intervenuto in prima persona anche il senatore del Pdl Domenico Gramazio, il quale ha letteralmente lanciato un fascicolo di atti parlamentari alla volta del gruppo Idv, colpendo il collega Alfonso Mascitelli. Stessa scena, ma senza lancio di oggetti, anche dopo il voto favorevole del Senato alla norma.