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Berlusconi non sottovaluti il "fenomeno" Vendola

Niki Vendola

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Delle volte che ho incontrato Nichi Vendola l'ultima è quella che ricordo meglio, e non per ragioni di prossimità temporale. A fine novembre s'era cominciata a mobilitare la macchina del Partito democratico pugliese per stabilire chi e come avrebbe dovuto correre per la presidenza della Regione Puglia. Ero vicino Lecce, a un bel festival del libro organizzato da Biagio Marzo, già uomo forte del Psi pugliese tanti anni fa, col compito assegnato di moderare un dibattito sul berlusconismo a cui avrebbe dovuto prender parte, a fianco di Claudio Martelli e altri, proprio Vendola. La sala dei convegni era stipata all'inverosimile, un paio di migliaia di persone pigiate in una bolgia quasi da stadio, l'atmosfera era elettrizzata perché all'epoca era Michele Emiliano, il sindaco di Bari, che aveva cominciato ad affilare le armi per insidiare il primato di Nichi. L'arrivo di Vendola fu degno di quello di una rockstar, l'atmosfera frizzante ed elettrizzata, la suspence dell'attesa, i volti stupiti, i cartelloni dei sostenitori adoranti che recitavano nello stile degno di una convention all'americana che con Vendola «difendiamo la Puglia migliore». Arrivò, Nichi, in quel lembo di Salento in cui la destra era solita apparecchiare successi facili, ed era già trionfo: gli uni gridavano salmi, gli altri applaudivano rapiti, nessuno fischiava, nessuno contestò. E indubbiamente Vendola, ch'era febbricitante, in gessato serio e modaiolo, non rinunciò ad un paio di interventi dove il ragionamento sul berlusconismo fece posto a uno più tosto sulla sacralità della vita, unico totem politico di un comunista anomalo interessato a rubare questa visione al solo monopolio cattolico. Poi Nichi partì, e davanti alla sua auto, ai lati e dietro, un silenzioso corteo, forse una processione, seguì per un tratto e poi salutò il proprio idolo, secolare e quasi santificato. Cosa voglio dire con questo? Che non è solo il centrosinistra a dover stare attento al carisma vendoliano, addirittura spacciato come la droga che incanterà troppi elettori alle primarie per poi trasformare tutto questo entusiasmo nell'anticamera della disfatta alle elezioni vere. Certo, andrà probabilmente così in Puglia, nonostante le rabbiose speranze di Massimo D'Alema: sarà Nichi Vendola, un tempo soprannominato Nikita, il volto non nuovo ma nemmeno troppo vecchio che, lui e non Francesco Boccia che contro Vendola già perse cinque anni fa, cercherà d'essere riconfermato alla presidenza della Regione Puglia. Basta aspettare pochi giorni, la sera di domenica, per avere il responso. Solo che, se fossimo lo stato maggiore del Popolo della Libertà pugliese, non dormiremmo sonni troppo tranquilli. Certo, Vendola ha perso quello smalto rivoluzionario, il tocco magico del poeta che conosceva l'esperienza del dolore, prestato alla politica per dedizione al bene comune, che stupì tutta Italia vincendo la corsa regionale in una regione conservatrice, scopertasi da un giorno all'altro la prima a issare sulla tolda di comando un omosessuale dichiarato, un amico dei drop-out, degli esclusi, un comunista caritatevole. Vendola ha perso smalto ma non ha perso fascino, nella sua retorica non cede di un millimetro, è e resta un visionario che potrebbe avere buon gioco nel sostenere che le sue grandi battaglie ideali, come quella contro la privatizzazione dell'acqua, le ha perse per resistenze altrui e non per l'intrinseca debolezza pratica del suo messaggio politico. Così, se la sanità pugliese si rivela un vespaio tangentaro, e lo stesso Vendola pare indagato per una telefonata a favore di un luminare della medicina, la figura del governatore pare galleggiare qualche metro al di sopra della melma di tanta corruzione, ferito da una cattiveria che sembra quasi sorprenderlo. Così come l'altro giorno Vendola s'è infilato il casco per entrare nel ventre incandescente dell'Ilva di Taranto, lo stabilimento accusato di inquinare a morte un'intera provincia, il Grande Nemico dove gli operai muoiono troppo spesso per far finta di nulla, con lo stesso spirito Nichi si appresta a lottare per la sua riconferma, prima e dopo domenica. Il centrodestra deve pensare a una strategia adeguata, per evitare di scottarsi come toccando un ferro incandescente, come cinque anni fa.

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