Fini fa pace con Ruini "Sì alla laicità positiva"
Il nuovo Verbo è "laicità positiva". Cambia le parole Gianfranco Fini. Cambia anche politica. Si spolvera dalla giacca la polvere delle accuse. Accuse di essere un laicista, di avere ormai troppa avversione per tutto ciò che è ecclesiastico o fideistico. Fini va oltre. Chiede di superare lo steccato laici-cattolici. Non più gli uni da una parte e gli altri dall'altra. Piuttosto meglio l'incontro sui temi concreti, sulle battaglie comuni. Senza costringere nessuno ad abiure o rinunce. L'idea di un nuovo modo di intendere i rapporti tra Stato e Chiesa piace talmente tanto al presidente della Camera che vuole ispirarsi al presidente francese Nicolas Sarkozy e a quando, nel 2008, accolse a Parigi Papa Benedetto XVI. Un sentimento nuovo "celebrato", anche ieri, durante il seminario nella Sala della Lupa a Montecitorio, al quale hanno partecipato, oltre a Fini e al cardinale Camillo Ruini, presidente del progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, anche Andrea Riccardi della Comunità di Sant'Egidio e Tullio De Mauro. Un argomento che lo stesso Fini definisce come la «struttura portante della società» e un «valore da rilanciare per avviare un processo di comune edificazione civile». Una valutazione su una questione delicata che anticipa la svolta verso il pieno accoglimento delle sollecitazioni contenute in La sfida educativa, il Rapporto-proposta sull'educazione della Cei: «È da accogliere con favore la proposta di un'alleanza per l'educazione - continua Fini - che coinvolga il maggior numero possibile di interlocutori, nei diversi luoghi in cui l'istanza educativa è cruciale». Dichiarazioni che diventano delle stoccate a coloro che imputavano a Fini una deriva anticattolica e ai quali Mario Ciampi, direttore della Fondazione Farefuturo, pensatoio del presidente della Camera, spiega: «Sbagliano quelli che vogliono Fini iscritto al partito dei laicisti. Lui vuole solo fare in modo che anche in Italia prenda piede quella "laicità positiva" che promuova un nuovo risorgimento e che riesca a scalzare le contrapposizioni tra laici e cattolici». Una svolta rispetto al periodo delle battaglie che lo contrapponevano al Vaticano che sembrano ormai lontanissime. Basta pensare al rumore attorno all'agonia di Eluana: da una parte i cattolici impegnati a difenderne la vita e dall'altra Fini che si batteva per rispettare la volontà del padre di lasciarla morire. Uno scenario che portò i suoi strascichi fino al congresso fondativo del Pdl di due mesi dopo quando l'ex leader di An, parlando di testamento biologico, tuonò: «Se si impone per legge un precetto si è più vicini ad una concezione da Stato etico che da Stato laico». Una battaglia continuata nel maggio seguente quando, dialogando con degli studenti sui temi della Costituzione, difese l'autonomia del Parlamento che «deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso». E poi la virata. Prima Fini dà alla stampa il libro Il Futuro della Libertà dove spiega la sua idea di politica laica: quella non vista come cultura alternativa a quella cattolica ma che è il mezzo per «rifondare la polis» su basi diverse da quelle identitarie che nelle società avanzate sono sinonimo di divisione. E poi, a novembre, l'incontro privato di mezz'ora, sempre a Montecitorio, con il cardinal Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano. Quello che si sono detti non si sa, ma una cosa è certa: l'idea di laicità di Fini piace a Ruini. Gli piace a tal punto che, in Confini, suo ultimo saggio scritto assieme al politologo Ernesto Galli della Loggia, ha auspicato, anche lui, la ricerca di un confronto caratterizzato da una «laicità sana e positiva». E allora, una volta stabilite le regole del confronto tra politica e religione, la strategia per risolvere un'emergenza comune come quella educativa deve per forza diventare, come sottolinea Ruini, un'«alleanza che coinvolga il maggior numero di interlocutori, dalla classe dirigente agli educatori stessi».