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Haiti, con il machete a caccia di cibo

Haiti, dopo il terremoto arrivano gli aiuti ma l'isola è nel caos

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Esodo di massa della gente stremata da Port-au-Prince nel quinto giorno dal terremoto di Haiti, che l'Onu ha definito il «peggiore disastro mai affrontato» nella sua storia. Almeno 50.000 cadaveri sono stati finora recuperati, 25 mila quelli già sepolti, per un bilancio che potrebbe raggiungere i 200.000 morti, ma stentano ancora ad arrivare alla popolazione gli aiuti umanitari da tutto il mondo che ingorgano l'aeroporto di Port- au-Prince. Mentre l'Onu ha confermato la morte del suo rappresentante ad Haiti Hedi Annabi, del suo vice Luiz Carlo da Costa e del responsabile della polizia Doug Coates.   Tra i sopravvissuti invece, una quindicina di italiani ha lasciato la devastazione e la disperazione nelle quali è piombato il Paese caraibico a bordo del C130 atterrato nella serata di ieri a Port au Prince con un ospedale da campo della Protezione civile. All'aeroporto c'era anche la volontaria Fiammetta Cappellini che ha rispedito in Italia il figlio di due anni, ma lei resta. E dopo tre giorni sotto le macerie è stata estratta viva la piccola Winnie di 18 mesi. Sui superstiti terrorizzati da una nuova scossa di terremoto si aggira lo spettro della sete e della fame, mentre aumentano gli episodi di violenze e i saccheggi. L'altra sera un elicottero americano che gettava viveri sullo stadio della capitale ha scatenato la folla, che ha tirato fuori coltelli e machete per impadronirsi di un po' di cibo. L'elicottero, secondo quanto riferito, ha gettato una decina di scatole di piccole dimensioni nello stadio. Ogni scatola conteneva una decina di razioni alimentari. Poi l'elicottero è ripartito, rigettando nello sconforto le persone che da martedì notte attendono aiuto. «Pensavo che venisse veramente ad aiutarci - ha detto sconsolato un uomo che dorme nello stadio con la famiglia dal giorno del sisma - Invece non si è nemmeno posato a terra».   I numeri sono tremendi. «Abbiamo già raccolto circa 50 mila cadaveri, ma prevediamo che i morti in totale saranno fra 100 mila e 200 mila, sebbene non sapremo mai il numero esatto», ha detto il ministro dell'interno haitiano, Antoine Bien-Aime. Per l'Ufficio coordinamento degli affari umanitari dell'Onu, il sisma che martedì ha devastato il Paese è «un disastro storico»: la portavoce Elisabeth Byrs ha detto che «non ci siamo mai trovati di fronte un tale disastro a memoria dell'Onu. Non assomiglia a nessun altro», anche perché, rispetto allo tsunami che colpì l'Indonesia nel 2004, le strutture ad Haiti per gli aiuti sono «scarsissime». Ieri la terra ha tremato ancora, con una scossa di assestamento di 4,5 gradi Richter. Per l'Onu la città di Leogane (134 mila abitanti, a ovest della capitale) è stata distrutta al 90%, con 5-10.000 persone ancora sotto i detriti. Per l'Onu prioritaria resta la ricerca dei superstiti fra le macerie, che ieri ha permesso di salvare dopo oltre 60 ore la piccola Winnie, di 18 mesi. La ricerca di superstiti sotto le macerie continuerà almeno ancora domani, per poi lasciare il posto alle ruspe per la rimozione delle macerie e dei cadaveri in decomposizione, che possono diventare fonte di malattie. Con la disperazione cresce la rabbia e migliaia di persone tentano di fuggire da Port-au-Prince in quello che viene descritto come un esodo di massa dalle proporzioni crescenti: «Le strade sono impregnate dell'odore di morte. Non stiamo ricevendo alcun aiuto e i nostri bambini non possono vivere come animali», racconta una donna che cercava di lasciare la capitale con marito e quattro bambini. Convogli di macchine fuggono dalle violenze compiute da bande di saccheggiatori armati di machete, la storica arma dei famigerati Tonton Macoutes, pietre e coltelli. Portano via tutto quello che possono dai negozi e dalle case: vestiti, giocattoli, borse come è successo nel centro di Port au Prince.  

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