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Tasse giù, solo un rinvio

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Tremonti

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Una sana dose di realismo. È quella che Silvio Berlusconi e il governo hanno utilizzato negli ultimi giorni su uno dei temi più cari agli italiani. E cioè il taglio delle tasse. L'annuncio di una possibile revisione di aliquote, carichi e quozienti familiari, è rimasto tale. La coperta del bilancio pubblico accorciata da una delle crisi più catastrofiche dell'ultimo secolo non consente di finanziare uno dei sogni dei cittadini. Bene dunque ha fatto il premier a tagliare corto sulle illazioni che già si rincorrevano su tempi e modi per cambiare il fisco nazionale. Una promessa però resta valida se prima o poi viene realizzata. Ecco dunque il primo impegno che va assolutamente mantenuto. Il taglio delle imposte va fatto. Se non ora, non appena sarà possibile. È un impegno da prendere in maniera inequivocabile. Non ci saranno molte opportunità a disposizione. Ma i momenti per la verifica sono già definiti. Alla fine del 2010, quando si potranno stimare gli effetti della ripresa economica sugli incassi fiscali. Allora, solo allora, si potrà prendere una decisione. E se, conti alla mano, i numeri saranno a favore non si dovrà più esitare. Per due motivi. Il rispetto della promessa, appunto, e la necessità di fornire il comburente necessario al pieno esplicarsi di una ripresa che avrà bisogni di moneta sonante in tasca ai lavoratori per essere corroborata non solo da investimenti ma anche dai necessari consumi. La prima verifica dunque è fissata per la finanziaria del 2011. Girata quella boa ce ne sarà solo un'altra, la manovra di bilancio del 2012. Poi si entrerà in campagna elettorale, il momento meno adatto per riforme delicate come quelle che toccano direttamente le tasche dei cittadini. La verifica per capire se il taglio delle imposte è possibile andrà in ogni caso fatta non sulla crescita stimata e concretizzata, ma tenendo conto della forbice tra il Pil e la disoccupazione. Finché la ricchezza creata non si tramuterà in posti di lavoro sarà difficile parlare di ripresa effettiva. Dunque soldi e reddito che girano. Lo ha spiegato anche il ministro Brunetta ieri: «La riforma fiscale contempla la semplificazione e la riduzione della pressione fiscale. Questo è il nostro impegno di legislatura, che manterremo appena le condizioni economiche ce lo permetteranno» e ha aggiunto «il vero problema è che non ci sono soldi». Certo l'uscita di Tremonti su una possibile riforma e taglio delle tasse poi stoppata dal Cavaliere un effetto emotivo l'ha prodotto. Dopo un 2009 catastrofico per redditi e occupazione il pensiero di una possibile riduzione del carico fiscale mette in circolo germi positivi di fiducia. Ottimismo in pillole che crea le precondizioni per un avvio più sostenuto nel futuro. Sarà anche per questo che sulla bocca del governo sono frequenti parole come amore e felicità. Per uscire dalla crisi va bene tutto.

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