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(...) di mettere le orecchie, il naso e gli occhi negli affari privatissimi dei propri dipendenti.

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Edi fronte ad essa la politica, pure vittima privilegiata di questo sport indecente e crudele, inspiegabilmente sembra ogni volta acquietarsi dopo tempeste giornalistiche che periodicamente, con una scansione quasi puntuale, travolgono uomini e donne di questo Paese, illustri esponenti della nomenclatura e poveracci che incappano nelle reti di delinquenti professionali abili a violare privatissime esistenze per usare impropriamente le informazioni rubate. Che fine hanno fatto le proposte di legge e le intenzioni del governo tese ad eliminare questa piaga incivile? Mi permetterò, sperando di trovare altri colleghi che vorranno farlo con me, di sollevare nei prossimi giorni la questione in Parlamento. Ma so già che le riposte saranno vaghe e rituali, dunque inutili. O magari non andrà così, soprattutto se le più alte istituzioni daranno seguito agli impegni presi in tante occasioni dichiarando di opporsi fattivamente e severamente al dilagare del potere occulto del Grande Fratello, orwellianamente insinuatosi nelle vite di tutti e impadronitosi, dei codici di acceso per ricattare, minacciare, decidere il destino di tanti che non sospettano neppure di essere stati privati della loro intimità. È curioso che il segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, non abbia nulla da dire, come ha chiesto perentoriamente Libero, sulle intercettazioni della Coop e sul diritto dei lavoratori alla privacy. Ed è altrettanto singolare il silenzio di tutta la sinistra, sindacati compresi, che non ha ritenuto finora di denunciare la grande azienda di riferimento attivando procedure legali adeguate a dare soddisfazione ai «controllati». E desta stupore che nessuna autorità di garanzia si sia fatta viva, dopo le denunce, per acquisire i file nei quali sono racchiuse presumibilmente le vite di centinaia o forse migliaia di ignari dipendenti i quali si ritenevano liberi di poter dire e fare ciò che volevano, nel rispetto delle leggi, e hanno scoperto che perfino colloquiare con la moglie o il marito, con l'amante, con il collega ha fatto di loro dei soggetti esposti ad innumerevoli rischi, anche quello di vedersi l'esistenza familiare distrutta. Cos'altro dobbiamo aspettare, dopo i danni mostruosi prodotti dalle intercettazioni illegali e dalla pubblicazione di quelle legali (involatesi dalle procure, naturalmente), affinché questo scandalo tutto italiano cessi una volta per tutte? Un Paese nel quale si estende una metastasi immorale di questo genere non è un Paese libero. I cittadini - tutti, nessuno escluso - sono esposti agli agguati di imprendibili profanatori di intimità. Nessuno oggi con leggerezza può chiamare al telefono chicchessia senza temere che chi non dovrebbe è in ascolto. Una paura ragionevole. La stessa che si avverte nei regimi totalitari.

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