Benedetto XVI in Sinagoga Il dialogo dopo i contrasti
Il giorno del dialogo. E anche delle contestazioni. Il silenzio sabbatico ha sopito le polemiche da parte degli ebrei e questo favorirà oggi un'atmosfera più distesa. Anche per la presa di posizione del rabbino capo Di Segni e della Comunità romana che questo incontro con Benedetto XVI hanno voluto e mantenuto. Nel segno di una continuità e di una ricerca di dialogo per troppo tempo estranea ad ambedue i protagonisti. Sintesi di queste divergenze il pensiero espresso da Gian Maria Vian, direttore dell'Osservatore romano, che in un articolo ha ricordato, partendo da lontano, dall'Apostolo Paolo, «una storia di contiguità e vicinanza ma anche di concorrenza e contrasti, segnata da litigi e amicizie, curiosità e sofferenze, attrazioni reciproche e reciproche ignoranze» che ha contraddistinto i rapporti tra Chiesa e comunità ebraica di Roma. E Vian ha voluto sottolineare gli aspetti di vicinanza tra il Papa teologo e l'ebraismo. «Pochi sono i cattolici del Novecento che hanno fatto tanto quanto Joseph Ratzinger, come teologo, come vescovo, come responsabile dell'organismo custode della dottrina cattolica e ora come Papa, - scrive Vian - per avvicinare ebrei e cristiani». Per il direttore dell'Osservatore Romano, «le radici di questa scelta di Ratzinger affondano negli anni della guerra, nella sua avversione all'ideologia pagana del nazionalsocialismo e nella formazione giovanile». E toccando ancora «l'antisemitismo pagano» dell'età moderna e contemporanea, «sfociato nella tragedia della Shoah», Vian sottolinea che ad esso «la Chiesa cattolica di Pio XII oppose, come potè, la silenziosa - e talvolta eroica - resistenza della carità, salvatrice di moltissime vite umane». Proprio la causa di beatificazione di Papa Pacelli ha messo a dura prova i rapporti tra Santa Sede ed ebrei. In molti nel mondo ebraico hanno chiesto l'annullamento della visita sostenendo che Pio XII non avesse fatto abbastanza contro la Shoah. Il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni ha allora inoltrato al Segretario di Stato vaticano Bertone una richiesta di chiarimenti e una nota del portavoce della Santa Sede Lombardi ha rasserenato gli animi. Del resto il rabbino capo Di Segni, nell'intervista concessa al nostro giornale, ha ribadito che «il dialogo è necessario, ma non sarà semplice». Non mancherà, nelle parole di Papa Ratzinger, un'esplicita sottolineatura della validità della Nostra Aetate, la dichiarazione conciliare che ha ridefinito, e rinnovato in modo irreversibile dopo gli odi del passato e le accuse di «deicidio», i rapporti tra Chiesa cattolica e fede ebraica. Alti e bassi che hanno frenato anche il dialogo ebraico-cristiano che la Chiesa ricorda proprio nella data di oggi. La volontà reciproca è di fare piazza pulita di ogni malinteso. L'incontro di oggi fa parte di un lungo cammino di avvicinamnto tra ebraismo e cattolicesimo che ha avuto il suo punto più alto durante il pontificato di Giovanni Poalo II. Il forte legame tra Wojtyla e il rabbino Toaff fu suggellato dal Papa polacco che citò il rav nel suo testamento. Ed è così importante questo rapporto diretto tra la Chiesa e la Comunità ebraica romana che per superare i dissidi sono intervenuti anche esponenti del rabbinato e della società civile d'Israele. Che la visita visita alla sinagoga non sia un fatto «romano» ma coinvolga anche le vicende mediorientali e, in generale, i rapporti tra la Chiesa cattolica e l'ebraismo mondiale, ad ogni modo, è confermato dalle personalità presenti oggi pomeriggio al Tempio maggiore. Ad accompagnare il Papa non ci saranno solo i suoi più stretti collaboratori, ma anche, tra gli altri, il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal, il nunzio in Israele monsignor Antonio Franco, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Per parte ebraica, oltre alla comunità romana saranno presenti rappresentanti del Rabbinato di Israele come Shaar Yeshuv Cohen e dell'American Jewish Committee quali David Rosen.