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«Adesso Bersani lasci l'Umbria alla minoranza»

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«Megliotardi che mai». Walter Verini è ovviamente soddisfatto per le notizie che arrivano dalla Puglia. Da giorni, infatti, il braccio destro di Walter Veltroni sosteneva la necessità di ricorrere alle primarie. «Decisioni come queste - commenta - sono sempre meglio che affidare le scelte ad un ambito più ristretto. Le primarie sono un segno di salute del Pd che ha fatto dell'idea di partito aperto uno degli elementi costitutivi del suo Dna». E allora perché avete cercato in tutti i modi di evitarle? Paura di perdere? «No. All'inizio si è privilegiata la necessità di un'alleanza con l'Udc che, come si sa, aveva posto un veto sulla figura di Vendola. Ma poi, la scelta del governatore di non fare un passo indietro, unita alla presenza, all'interno del Pd, di una posizione netta di esponenti della minoranza e della maggioranza a favore delle primarie, ha portato a questa decisione che, lo ricordo, è stata presa all'unanimità. Certo, se ci si arrivava 20 giorni fa era meglio, ma l'importante è esserci arrivati». Lei è nato ed è stato eletto in Umbria. Lì, dopo settimane di discussione, le primarie sembrano tramontare. È così? «Mi sembra che il comitato garanti del partito abbia detto chiaramente che il governatore uscente Lorenzetti non può concorrere per il terzo mandato e, quindi, la sua candidatura è sfumata. Resta solo quella di Mauro Agostini che a questo punto, a norma di statuto e di buonsenso, dovrebbe essere ratificata dall'assemblea». La maggioranza bersaniana, però, non sembra molto d'accordo? «Agostini, con grande senso di responsabilità, ha già dato la sua disponibilità a riaprire i termini per la presentazione delle candidature. Chi vuole può concorrere alle primarie. Ma una cosa è certa, qualsiasi soluzione non può prescindere dal rispetto delle regole». È vero che, secondo gli accordi nazionali, l'Umbria spettava alla minoranza franceschiniana? «Non c'era alcun accordo. Tanto che Bersani aveva espresso una preferenza per la Lorenzetti che, però, non è ricandidabile. Agostini è un esponente del partito conosciuto in Umbria e, soprattutto, anche se nominato da Veltroni e confermato da Franceschini, è stato il tesoriere di tutti. Sarebbe auspicabile che l'intero partito si riconoscesse nella sua candidatura. Dopotutto la minoranza sostiene giustamente la Bresso, Penati, Errani, Burlando, Rossi e De Filippo che sono tutti esponenti vicini al segretario. Se questo è quello che succede nelle altre Regioni non capisco perché non possa accadere in Umbria». Un'altra Regione dove le primarie non si faranno è il Lazio. Qui, però, il vero problema è stata l'incapacità del Pd di trovare un candidato. «La situazione laziale, e lo dico con molta serenità, è stata complicata dalla sconfitta a Roma due anni fa e dal caso Marrazzo. Certo sarebbe stato meglio se il Pd avesse proposto un suo candidato che potesse sfidare Emma Bonino alle primarie. Ma le personalità del partito non si sono fatte avanti. In ogni caso quella di Emma è un fior fiore di candidatura». Che però non piace ai cattolici. «Sono certo che Emma saprà interpretare anche quei valori della tradizione democratico-cristiana che dentro il Pd non possono non trovare casa. In fondo siamo nati per rappresentare tutte le culture riformiste del Paese». Crede che una sconfitta alle Regionali aprirà l'ennesimo processo al segretario? «Quando Veltroni si dimise disse chiaramente che quello del Pd era un progetto di lungo termine e che non si poteva stare lì ad aspettare con l'orologio in mano. Certo, con lui l'hanno fatto. Ma Walter disse anche che si augurava che il suo successore non ricevesse il suo stesso trattamento. Ebbene dopo le Regionali, qualunque sarà stato il risultato, faremo una riflessione insieme. E nessuno starà lì con l'orologio in mano. Noi, comunque, saremo impegnati a tutelare le ragioni fondanti del Pd contro ogni possibile snaturamento».

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