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Navarro-Valls: "Con gli ebrei i Papi sono sempre stati trasparenti"

Joaquin Navarro Valls, portavoce vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II

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«Mi dispiace per le polemiche, ma la decisione di visitare la Sinagoga di Roma, da parte di Papa Ratzinger, non è soltanto un gesto di continuità con Giovanni Paolo II, ma lo è anche con sé stesso». Conversare con Joaquin Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dal 1984 al 2006 (il periodo di Giovanni Paolo II), tornato ora a fare il professore di medicina, non è facile. Solare e riservato, parla con elegante e profonda semplicità. Una comunicazione efficace dai Papi al suo ultimo libro «A passo d'uomo». L'incontro con lui per «Il Tempo», è avvenuto a Saronno, dopo un dibattito con i lettori. Sala gremita, manifestazione organizzata dall'associazione «Satelios», presieduta dall'imprenditore Gianfranco Librandi. Professore, in che modo questa continuità tra i due Pontefici? «Ricordo a tutti che nel primo viaggio di Benedetto XVI, in Germania, pochi mesi dopo la sua elezione, visitò la Sinagoga di Colonia. Nel suo secondo viaggio, visitò in Polonia il Campo di sterminio di Auschwitz. E nel suo viaggio in Terra Santa, visitò lo Yad Vashen e il Muro di Gerusalemme. Mi pare che la scelta di domenica sia molto trasparente con l'atteggiamento della Chiesa e dei suoi Pontefici, riguardo il popolo ebraico».   Parliamo ora del suo libro "A passo d'uomo" e degli incontri con i personaggi che hanno fatto la storia: quale era la differenza tra l'anticomunismo di Reagan e quello di Giovanni Paolo II? «L'anticomunismo di Reagan era politico, legato alla spartizione europea di Yalta. Il presidente degli Usa parlava di Unione Sovietica come dell'impero del male, contrapponeva Occidente a comunismo, libertà e mercato a dittatura statalista. Il Santo Padre, invece, andava al cuore degli uomini, parlava di dignità e rispetto della persona, di autocoscienza dei popoli dell'Est, che una volta tornati "loro stessi", si sarebbero liberati del regime».   Cosa resta oggi del comunismo, dopo la caduta del Muro del 1989? «Il comunismo marginale oggi, nelle poche società dove governa ancora, resta nella mentalità dei leader ogni qualvolta risorge la pericolosa e utopistica idea di "uomo nuovo". Un'impostazione ideologica della realtà che porta inevitabilmente a sistemi totalitari disumani, come si è visto nel Novecento». Ali Agca, sarà liberato. Nell'incontro in cella con Papa Wojtyla, aveva chiesto di essere perdonato? «Non so adesso, ma certamente nell' incontro con papa Wojtyla non chiese perdono. Era ossessionato dal segreto di Fatima e dalla inquietante coincidenza tra l'apparizione della Beata Vergine e il suo attentato al Sommo Pontefice: il 13 maggio». Il suo pensiero sulla sentenza della Corte Europea di Giustizia a proposito dei crocifissi.... «Se le istituzioni di qualsiasi natura, perdono credibilità è per decisioni sbagliate. Come quella del crocifisso, che rappresenta un'identità storica, un simbolo universale, non una prevaricazione confessionale. È come se togliessimo Giotto e il Caravaggio dai musei pubblici visitati dalle scuole, perché potrebbero disturbare altre identità o sensibilità». Cosa pensa del dibattito italiano sui temi etici che divide la nostra politica? «I confronti legislativi sui temi etici in Italia, come in Europa, poggiano su una vecchia contrapposizione tra laici e cattolici. Bisogna trovare delle nuove sintesi».   Giovanni Paolo II era d'accordo con i cattolici nei diversi partiti o preferiva un partito unico dei cattolici? «Non contano le formule, sono importanti i principi, i risultati e l'indirizzo complessivo di una società». Cosa vuole la gente dalle istituzioni e dai governi? «Per essere credibili le istituzioni devono saper affermare valori e saper decidere. Ma per far ciò ci vuole un clima di dialogo».   Gli italiani sono un popolo unito? «Gli italiani devono riacquistare la fiducia in loro stessi. Sono portatori di una grande tradizione. L'identità è il presupposto di ogni politica, dall'economia all'integrazione. Chi sa chi è, non ha paura dell'altro. Chi non sa più chi è, vede l'altro come una minaccia, un pericolo». Giovanni Paolo II infatti, ricomprese il valore della nazione in quello universale del messaggio cristiano... «Giovanni Paolo II riconciliò il valore universale del messaggio cristiano con il valore di nazione. Non dimentichi che era polacco e che la religione cattolica in Polonia è parte integrante e costitutiva dell'identità nazionale». Qual è la differenza nel messaggio e nella comunicazione tra Papa Giovanni Paolo II e l'attuale Papa Benedetto XVI? «Il messaggio è sempre lo stesso, ma con accenti diversi. Tutti ricordiamo il cuore di Giovanni Paolo II. E Benedetto XVI, in un'epoca di grande sfiducia della ragione umana, sta facendo una magnifica pastoralità dell'intelligenza».  

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