D'Alema, il compagno che sbaglia
Confusi. Incazzati. Delusi. E pronti, se il Pd dovesse perdere in modo catastrofico le elezioni regionali, a metter sotto processo il segretario appena eletto Pier Luigi Bersani. E di conseguenza il suo mentore, Massimo D'Alema. È l'atmosfera che si respira dentro il Partito Democratico, dove in pochi, pochissimi, capiscono la strategia dell'ex presidente dei Ds e in molti, moltissimi, restano a guardare domandandosi a che cosa porterà questo stato di estrema incertezza. Di caos perenne. Sembra lontano il tempo in cui Massimo D'Alema era capace di tessere strategie vincenti, di mettere in difficoltà l'avversario, di essere il più bravo di tutti nel centrosinistra. Piuttosto il Pd sembra un partito in cui manca una guida, in cui il segretario non riesce ad imporsi. Su nulla e su nessuno. E in cui il leader maximo appare ormai un'icona impolverata e appannata. A dimostrarlo c'è tutta la telenovela che i Democratici hanno messo in onda sulle candidature per le regionali. Iniziando dall'Umbria, regione «rossa» sulla quale il Pd sta dando l'impressione di voler addirittura giocare una partita a perdere. La presidente uscente Maria Rita Lorenzetti doveva essere ricandidata. Ma una parte del partito — l'ala di Veltroni e Franceschini — ha invocato il regolamento interno del Pd che prevede che gli amministratori non possano essere riconfermati più di due volte. La Lorenzetti sarebbe al terzo mandato. Quindi, strada sbarrata. E situazione di impasse. Perché il Pd dovrebbe decidere di approvare una deroga. O ripiegare su un altro nome. Altra situazione infuocata è quella del Lazio, dove ieri l'assemblea regionale del Pd ha dato il via libera all'unanimità alla candidatura di Emma Bonino. Ma l'unità di facciata raggiunta dopo giornate di polemica nasconde crepe profonde tra gli esponenti romani del partito. I quali contestano prima di tutto a D'Alema e a Bersani di non essere riusciti ad imporsi sul presidente della Provincia Nicola Zingaretti per farlo candidare. L'unica personalità, spiegano nel Pd, che avrebbe potuto mettere in difficoltà Renata Polverini e «strappare» al centrodestra l'alleanza con l'Udc. Fallita quella chance i Democratici hanno dovuto subire la candidatura di Emma Bonino, fare buon viso a cattivo gioco e alla fine appoggiarla all'unanimità. Ma l'atmosfera resta tesissima visto che un esponente nazionale come Goffredo Bettini, che a Roma ha giocato tutte le sue partite vincendole, è costretto ad ascoltare quotidianamente le critiche di buona parte del partito che lamenta la mancanza di una qualsiasi strategia. O meglio, la strategia della coppia D'Alema-Bersani ci sarebbe pure ma fa acqua da tutte le parti. Perché l'idea è quella di allontanare sempre più l'Udc dal centrodestra e spingerla a gravitare nell'orbita del Pd. Peccato che l'operazione è fallita nel Lazio e rischia di andare a picco anche in Puglia. Cioè nelle uniche due Regioni dove poteva essere veramente decisiva. Quel che sta succedendo a Bari e dintorni, feudo di D'Alema, sta sconcertando anche i più ortodossi difensori dell'ex ministro degli esteri. Per ottenere l'appoggio di Casini, infatti, era necessario sbarazzarsi di Nichi Vendola con il quale l'Udc non farà mai accordi. Così D'Alema ha iniziato a fargli una guerra spietata, annunciando urbi et orbi che Nichi non sarebbe più stato il candidato del Pd. Provando prima a mettergli contro Michele Emiliano, sindaco di Bari appena eletto e per il quale i Democratici erano persino disposti a far approvare dalla Regione una leggina che gli consentisse di non dimettersi fino al voto, e poi Francesco Boccia. Scontrandosi però sempre con l'opposizione del Governatore uscente che, regolamento alla mano, ha continuato a chiedere le primarie per decidere chi dovrà essere lo sfidante del Pdl. Situazione paradossale dalla quale la coppia D'Alema-Bersani non riesce a tirarsi fuori. Così Michele Emiliano si è tirato indietro e Francesco Boccia (già sconfitto nelle primarie del 2005 proprio da Vendola) dovrà accettare l'idea di sottoporsi ancora una volta al rischio della sfida con Nichi. E il risultato dello scontro non è affatto scontato. Anzi, in molti danno per vincente il Governatore uscente. E a quel punto D'Alema avrebbe compiuto il suo capolavoro. Al contrario.