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Gaetano Mineo PALERMO Tanto tuonò che piovve.

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Ecosì, ieri, il Cavaliere ha chiamato a rapporto a Palazzo Grazioli, tra gli altri, i tre coordinatori nazionali del Pdl, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini dando loro mandato di «dare vita a ogni opportuna iniziativa per avviare a soluzione le questioni emerse e riferirgli in proposito». Ma cos'è successo di tanto eclatante nella politica siciliana che, com'è noto, da mesi anima la stampa nazionale? L'ultima scossa è stata rilevata la fine dell'anno appena trascorso, quando al Parlamento siciliano, Lombardo si vede bocciare la Finanziaria. Per il governatore della Sicilia «è stata la conseguenza del continuo remare contro le scelte del governo». Nasce così il suo terzo governo con il cosiddetto appoggio del Partito democratico. Da qui, il terremoto politico che ha scosso finanche le mura di Palazzo Grazioli al punto di far scendere in campo, come detto, personalmente il premier. Ma andiamo per ordine. E partiamo dalla primavera inoltrata del 2008 quando nell'Isola viene eletto presidente della Regione, Raffaele Lombardo, con l'appoggio dell'Udc isolano di Totò Cuffaro e del Pdl allora guidato in Sicilia da Gianfranco Micciché. Un vero e proprio successo elettorale che ha portato anche un'ampia maggioranza del centrodestra nel Parlamento siciliano. Passa l'estate 2008, e iniziano le prime fibrillazioni all'interno del Pdl siciliano anche a causa della nuova guida del Popolo della libertà nell'Isola: Miccichè passa il timone al duo nominato da Roma, Giuseppe Castiglione (ex Fi) e Domenico Nania (ex An). La mossa romana, ovviamente, non va giù al sottosegretario alla Presidenza, fondatore di Forza Italia in Sicilia. Sboccia la guerra intestina, insomma, che di fatto comincia a lesionare il Pdl fino a quando, e siamo agli inizi del 2009, il Popolo della liberta isolano si spacca: da una parte i cosiddetti lealisti guidati dai due coordinatori regionali che a sua volta fanno capo a Angelino Alfano e Renato Schifani; dall'altra i deputati regionali, finiani compresi, che si rifanno a Micciché. Una spaccatura che vede i lealisti sempre più controcorrente al governo Lombardo, e quelli capeggiati da Miccichè sempre più a fianco del governatore. Uno scenario che porta Lombardo, lo scorso maggio, ad azzerare la giunta, dando vita a un suo secondo governo. Da qui si riparte, ma con l'aggravante che le due faide interne al Pdl accentuano la battaglia a tal punto che Micciché dà vita a un gruppo autonomo (Pdl-Sicilia) al Parlamento siciliano. Vanno su tutte le furie, i tre coordinatori nazionali (La Russa, Bondi, Verdini). E scendono in campo. A dire il vero, senza scalfire l'operato di Lombardo che imperterrito continua a governare. È già autunno, e guarda un po', agli inizi d'ottobre, Massimo D'Alema e Raffaele Lombardo s'incontrano a Palermo davanti ad alcuni piatti succulenti siciliani. Intanto, Lombardo tira dritto per la strada del suo governo-bis fino alla vigilia di San Silvestro, quando il governatore rompe definitivamente con lealisti del Pdl dando vita al suo terzo governo. Fuori i due assessori di Alfano e Schifani, via libera all'appoggio esterno del Pd. Insomma, un governo che per avere la maggioranza in Aula dovrà avvalersi dei voti del Pd.

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