Così Tremonti ha evitato rischi assai più gravi
Quellodella riduzione delle tasse è un tema troppo serio per poter divenire un tormentone quotidiano. Se il governo sceglie, come ha fatto, di non farsi tentare dalla demagogia – che comunque gli si ritorcerebbe contro – e decide di affrontare il tema della finanza pubblica con serietà e rigore, non si può non esprimere soddisfazione. Le legittime divisioni politiche non possono fare velo ai meriti che Berlusconi e Tremonti hanno avuto proprio nella gestione dei conti pubblici. L'Italia, e sarebbe motivo di orgoglio nazionale no-partisan, ha durante questa terribile crisi economica e finanziaria tenuto botta molto più e meglio di altri Paesi. A differenza di Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda, le agenzie di rating non ci hanno declassato, anzi. Nonostante le grandi difficoltà, il Belpaese è riuscito a tenere la barra dritta, senza cedere né alle tentazioni di maggiori investimenti pubblici in chiave anticiclica né a quelle di tagliare la spesa sociale (compresa quella cosiddetta improduttiva). La scelta attendista del ministro dell'Economia è stata ed è criticabile, ci mancherebbe, ma non si può negare che abbia evitato rischi assai gravi. La nostra infatti è un'economia a sovranità limitata. A fronte di un indebitamento privato assai basso, l'Italia ha, come è noto, un notevole debito pubblico. Può bastare un pollice verso delle agenzie di rating o delle autorità europee per determinare una sorta di default nazionale. È stato calcolato in 480 miliardi di euro il valore dei titoli di Stato che dovranno essere collocati sul mercato in questo 2010. Una cifra enorme che non consente giochi di prestigio. A quanti, anche negli ambienti della maggioranza, sono tentati di battagliare sulla drastica riduzione delle aliquote è bene suggerire prudenza. Quella che ha saputo interpretare il ministro dell'Economia, cui comunque tocca lavorare perché l'intero sistema tributario venga snellito favorendo così trasparenza ed equità. Nei giorni scorsi si è anche discusso della possibilità di intervenire, a saldi invariati, sulla combinazione reddito-consumi (e quindi sull'imposta Iva). Nelle prossime settimane si tratterà invece di ragionare sull'uso delle maggiori risorse pubbliche recuperate attraverso il prelievo sui capitali rientrati in Italia. La somma – si parla di circa 5 miliardi di euro – non è affatto risolutiva dei problemi della nostra finanza pubblica ma capire come investirli sarà un tema politico assai caldo. Il contesto purtroppo non è facilissimo: la spesa pubblica aumenta e le entrate fiscali diminuiscono. Se l'opposizione farebbe bene a riconoscere i meriti del governo, alla maggioranza converrebbe coinvolgere in Parlamento l'opposizione. Abbandonare il miraggio fiscale è la migliore delle premesse possibili.