(...) «politica dell'annuncio» finalizzata al consenso per le prossime elezioni regionali.
Primo,più competitività. L'Italia dovrà fare più crescita interna perché quella fornita dalle esportazioni resterà compressa dalla lentezza con cui si riprenderà la domanda globale dopo la crisi. Inoltre le imprese italiane dovranno essere comunque più competitive per sopravvivere quando la ripresa sarà piena. Tali requisiti impongono una riduzione dei costi fiscali sulle aziende. Secondo, più potere d'acquisto per i salariati. In Italia gli stipendi sono mediamente bassi ed insufficienti per spingere la crescita dei consumi interni. Ridurre il prelievo fiscale in busta paga permette di lasciare più denaro in tasca ai consumatori senza aumentare il costo del lavoro. In sintesi, l'Italia ha la priorità oggettiva di alleggerire la tassazione su imprese e lavoro per favorire più consumi ed investimenti interni, quindi la tenuta dell'occupazione. Ma ha anche due altre priorità. Il raggiungimento del pareggio di bilancio per non fare deficit annui che aumentino il debito complessivo. Tale vincolo è assoluto perché il non rispettarlo significherebbe segnalare un rischio di insolvenza, compromettendo il rifinanziamento del debito stesso, previsto sui 400 miliardi nel 2010, nonché provocare un aumento del costo degli interessi, già attorno ai 70 miliardi annui. Poi ha la priorità di ridurre la spesa pubblica, comunque. Nel documento dell'Ecofin - il tavolo europeo dei ministri economici - dell'autunno scorso, tenuto riservato, si rileva che i sistemi di welfare europei non sono più sostenibili in uno scenario di ripresa lenta. Se non tagliano le uscite dovranno finanziarsi a debito, ma questo ha raggiunto dappertutto limiti insuperabili. È un'emergenza europea, la Germania ha già messo in Costituzione (giugno 2009) un tetto al deficit per la spesa sia federale (2016) sia locale (2020), per l'Italia più pressante visto il debito pubblico maggiore. Chiariti questi requisiti, si può inquadrare cosa potrà fare, e non, il governo. L'abbattimento assoluto del carico fiscale sarà possibile in misura pari al taglio della spesa per mantenere il pareggio di bilancio. Ci sarà pochissimo margine. Il governo potrà solo spostare tassazione da dove è più depressiva per l'economia a dove lo è meno, per esempio dal lavoro alla rendita, ma, soprattutto, dovrà ridurre la spesa. Pertanto il taglio strutturale della spesa pubblica è il vero tema prioritario. Meglio ripetere che lo è non per situazione contingente, ma permanente. È finito il mondo della spesa pubblica crescente e del suo finanziamento a debito. Ed è finito, in tutta Europa, perché le nazioni devono fare più crescita interna e devono ridurre il debito pubblico per evitare che salti l'euro. Il lettore si stampi in testa questo nuovo requisito perché non sarà modificabile per via politica. La politica, di destra o liberale o di sinistra che sia, potrà solo rispettarlo. In conclusione, inizia un'era dove si dovrà separare la spesa pubblica necessaria ed utile da quella superflua. La buona notizia è che in Italia la seconda è tanta e che si può tagliare senza far male. La cattiva è che troppi interessi parassitari la difendono. Sarà una partita difficile, ma inevitabile. Carlo Pelanda