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Amato: il Pd smetta di litigare

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ANSEDONIA - Giuliano Amato, cittadino maremmano, come può corre, con la signora Diana, figli e nipoti, nella sua casa di Ansedonia, nel comune di Orbetello. Ma il professor Sottile, nonostante la «criticità» del momento, la bagarre, le polemiche, non si tira certo indietro se si deve parlare di politica.   Oggi, di fronte a quanto sta succedendo, davanti a questa politica spesso becera, urlata, più distante dalla gente, che giudizio dà il presidente Amato? Come la vive? «Ho sempre paura di far la parte del vecchio che dice: "Ah, ai miei tempi queste cose non succedevano. Ah, come siamo caduti in basso!" Quando uno della mia età critica si può sempre pensare che sia quello il tipo di critica, perché non è sintonizzato con il nuovo tempo, perché non capisce la nuova realtà. In effetti non sono solo io, lo leggo da tanti e devo dire non solo in Italia, che scrivono della politica del nostro tempo, anche più giovani di me, e notano qualcosa che noto anche io, che è inquietante: cioè il fatto che oggi non esistono più e non possono più esistere i partiti del Novecento. Che però erano luoghi, un po' come lo stomaco della società, che servivano a raccogliere le domande della gente, a discutere con la gente. Si proponevano soluzioni e si discutevano. E poi tutto questo arrivava alle leadership politiche che in qualche modo avevano un rapporto con l'opinione pubblica mediato attraverso partiti, sindacati, organizzazioni. Ora queste cose non ci sono più. Il rapporto è diventato diretto. Il leader parla direttamente con l'opinione pubblica e parla attraverso i media. La politica che urla. Una politica che non manda mai un messaggio di ragionamento ma che manda sempre un messaggio di giudizio drastico che in genere è pro qualcosa e contro qualcosa, trasforma tutti noi non in cittadini che pensano, ma in cittadini che partecipano come partecipa il famoso tifoso della curva sud. Questo è il problema».   Insomma non c'è più dialogo. «Il dialogo, quando si dice il dialogo. Il dialogo è assolutamente difficile. Ma ce li vede lei i tifosi del Grosseto e del Siena che dialogano durante la partita? Vengono tenuti divisi dalla forze dell'ordine. Non possiamo fare la stessa cosa in politica, anzi non è desiderabile. Ma è drammatico il fatto che oggi questioni serie, su cui è importante discutere, far maturare le soluzioni, vengono presentate in modo drastico. E allora io ho la verità e tu sei la menzogna. Io sono l'amico e tu sei il nemico. Ecco questo capita anche negli Stati Uniti, stia attento. Perché ora, siccome noi abbiamo Berlusconi che è figura in effetti un po' speciale, allora tendiamo a ritenere che tutto sia speciale anche da noi. Ma questa conflittualità violenta, basata anche sulla deformazione dei fatti, è una realtà quotidiana anche nell'America di oggi». Certo. Berlusconi è speciale, lo ha detto anche lei. «Berlusconi è una figura speciale. Se io devo pensare ad una figura della storia, della cultura popolare che gli corrisponde è il Figaro de "Il Barbiere di Siviglia". Insomma, tutti lo vogliono, tutti lo cercano, sono qua, risolvo io tutti i problemi. E lui si presta a questo tipo di immaginazione...»   Ma la gente gli sta dietro e come. È un vincente quasi per acclamazione. «Certo, la gente gli va dietro. Insomma, io appartengo al centrosinistra e ci rode che Berlusconi sia così popolare a dir la verità. Ma è un fatto che lo è. È un fatto che lo è perché è un misto di quella politica di delegittimazione dell'avversario, per usare parole difficili che lui usa — vedendo il comunista o la nonna del comunista anche nel prete che non è d'accordo con lui — e però oltre a questo c'è anche un modo di collegarsi alla gente, che è un modo molto diretto. Che è un modo fatto di sorrisi, che è un modo fatto di rapporti di simpatia. E queste sono qualità, che in questo sistema di presa diretta con l'opinione pubblica contano molto. Io, se dovessi fare il politologo, direi che alle politiche che finora ha fatto con il suo governo non potrebbe corrispondere un consenso cosi elevato come quello di cui lui dispone. Da dove nasce questo consenso? Nasce da lui». Che parla alla pancia degli italiani. «Proprio così. Nasce da lui che parla alla pancia degli italiani. Nasce da lui direbbe Totò "a prescindere". Nel senso che lui è quello al quale, in questa fase, molti preferiscono comunque affidarsi piuttosto che ad altri. Poi sa lui quello che fa. E poi magari racconta che l'ha fatto anche se non lo ha fatto». Ma guardando avanti, Presidente, che cosa vede? Non si riesce a capire verso quale tipo di nuove aggregazioni si sta andando. «Non lo capisco neanche io. Non lo sa nessuno. La realtà attuale dei nostri schieramenti è talmente legata alla personalità di questo nostro Figaro che in qualche modo riesce a tenere unito il centrosinistra così com'è e il centrodestra così com'è. Ma è evidente che, per dire, uno come Casini che si è posizionato sul centro, presidiando per ora un fortino dal perimetro abbastanza limitato, conta sul fatto che il giorno in cui Berlusconi non sarà più il leader del centrodestra, lì si muoverà qualcosa. Che ci sarà una parte del popolo delle libertà che rimarrà vicino alla Lega. Una parte interpretata da Fini, in modo molto nitido, con un messaggio molto trasparente che intende dire che il centrodestra ha un grande futuro, ma lontano dall'estremismo della destra. E allora quel centrodestra sarà probabilmente più vicino al centro di Casini. Allo stesso dal centrosinistra, il Partito Democratico, che avverte il peso di alleati di sinistra ancora estremi e radicalizzati, guarda verso lo stesso centro. Quindi è difficile capire poi come le cose si metteranno. Una cosa però potrebbe accadere: che dopo anni nei quali le estreme sono entrate nelle parti del gioco, dall'uno e dall'altro lato, potrebbero un domani determinarsi due schieramenti potenziali di governo che gravitano entrambi verso il centro. Che diventa così il famoso ago della bilancia». Un suo giudizio su Bersani. È l'uomo che può contrastare il centrodestra aggregando il centrosinistra, o la sinistra, senza magari tornare troppo indietro perché questo comporterebbe una reazione inaccettabile per tanti italiani? «Bersani è un uomo di sicuro simpatico. È un uomo che parla un linguaggio che spiazza il politichese tradizionale. Le faccio un esempio che mi ha colpito. L'ho sentito al telegiornale. C'era la dolce Natalia Augias che gli chiedeva: "Onorevole Bersani, ma a proposito del dialogo sulle riforme, l'onorevole D'Alema ha detto che ci sono degli inciuci giusti. Lei cosa pensa degli inciuci giusti?". Lui l'ha guardata con quel sorrisino un po' ironico che ha e ha detto: "Ma lasciamo perdere le variazioni sul tema". Ecco io l'ho trovata una grande risposta. Lui si è rifiutato di tuffarsi in quella scatola ammuffita e piena di nuvolaglia, fatta di concetti astratti, che non entrano mai nella nostra vita ma entrano sempre nelle nostre rassegne stampa. E cerca di esprimersi in modo molto più pratico, molto più concreto. Questo gli dà delle qualità, a mio avviso, benedette rispetto a ciò di cui la politica ha bisogno. Se poi abbia la gamba così lunga da vincere i diecimila metri che sono la distanza minima per il Partito Democratico, che è un partito ancora litigioso...». Certo è difficile. Non c'è un dibattito, solo guerre di accaparramento... «Sa una cosa? Appunto pensando come poi ci si abitua a considerare le cose. Io l'altro giorno ho alzato gli occhi qua fuori: ho davanti la laguna e il Monte Argentario e ci sono passi di anatre che si spostano. Ed è una cosa bellissima vederle in formazione, specialmente quando c'è il vento forte, come si difendono e come procedono ordinate e silenziose. Io vedo questo passo e sento che stanno gridando fra di loro. Le guardo e vedo che sono in disordine e non in ordine. Mi è venuto d'istinto di dire che sono anatre del Pd. L'istinto mi è venuto, non ho fatto una battuta. È diventato ormai il Pd il luogo dal quale naturalmente t'aspetti di sentire le urla della lite. Ecco, e allora è evidente che fino a quando le urla che si sentono dall'interno di casa mia prevalgono, come posso io vincere il dialogo con gli altri. Questa è una regola elementare della sopravvivenza». Ha visto che Napolitano, nel messaggio di fine anno, ha usato youtube anche lui, tipo Obama. Per la prima volta cambia il modo di comunicare? «Ha fatto benissimo. Perché noi abbiamo migliaia di persone che hanno voglia di essere informate e di apprendere. E che però si informano attraverso quello strumento lì». Presidente, voglio farle una domanda perché conosco bene i rapporti che ci sono stati, la sua storia e tutto. Mi sembra che la proposta del sindaco di Milano Letizia Moratti di intitolare una piazza o, non lo so, una via, un giardino a Bettino Craxi, intanto non sia nuova. Ci sono già altre sette città, la mia per esempio, Grosseto, che hanno una via Bettino Craxi. E poi questa reazione di Di Pietro come la giudica? «È come se questo uomo fosse morto ieri. La mia reazione è questa. Sono passati dieci anni. In dieci anni può cominciare a formarsi un giudizio storico. Tutti sanno che Craxi è stato partecipe del sistema chiamato Tangentopoli, ma non è stato certo l'unico. Come ha scritto Piero Fassino si può dire che è stato capro espiatorio di un sistema come quello. Del quale era partecipe. Ma è stato anche un grande politico e un grande statista. Craxi non fu l'unico responsabile e quindi tanti altri, che oggi sono sui palchi, dovrebbero esserne allontanati». Presidente, che augurio possiamo fare alla politica? «L'augurio alla politica è proprio che ritrovi il passo della ragione. Ritrovi la tranquillità della costruzione del consenso sulle soluzioni che si sanno far maturare. Ritrovi anche, perché no, una certa lentezza nella maturazione dei suoi processi di impostazione delle cose e riservi la velocità alla fase esecutiva. Perché il dramma di oggi vede è che è esattamente alla rovescia. Sono tutti stentorei nel fare gigantesche promesse, nell'approvare giganteschi decreti legge in un giorno, e poi le cose richiedono un tempo lungo per essere fatte. A meno che non le si affidi a Bertolaso, ma io posso pensare che la democrazia italiana, per funzionare debba diventare una "bertolasocrazia" pur con tutta la stima che io ho per lui. E perché la politica funzioni, l'augurio principale secondo me lo dobbiamo fare agli italiani. Ed è anche un invito: che ragionino con la loro testa. Che in un mondo nel quale vengono bombardati da messaggi diversi e opposti, nel quale vengono strattonati da una parte e dall'altra, si rifiutino di partecipare come tifosi. E pretendano di poter valutare con la propria testa quello che la politica è in condizione di offrire».  

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