Rosarno, la grande fiera dell'ipocrisia
Ci voleva la guerriglia di Rosarno per ricordarci che in Italia c’è un problema immigrazione e che in Calabria c’è una organizzazione criminale come la ’ndrangheta che è padrona del territorio. Così oggi Casini scopre che lo Stato non c’è. Già ma non c’era nemmeno ieri o l’altro ieri. Eppure non ha fatto nulla. O chi si accorge che c’è un esercito di persone senza diritti, senza nome, fuori dalla legalità che vaga nella penisola vittima di sfruttatori. Ma dove erano i politici che oggi si scandalizzano? Alcuni di loro hanno avuto negli anni posti di responsabilità, ma cosa hanno fatto? Oggi si accorgono del problema per trovare spazio in qualche tg. Così come siamo certi che, passata l’emergenza, torneranno ad occuparsi di altro, lasciando magistrati, poliziotti e carabinieri a presidiare una zona con strumenti inadeguati alla gravità della situazione. Ma partiamo dal tema dei clandestini. Non ci voleva certo Rosarno per dirci che il problema c’è. Che le belle parole devono fare i conti con la realtà. Non si possono aprire le frontiere, dar seguito a una politica dell'accoglienza se il risultato è questo. Migliaia, ammassati, chiamati a svolgere quei lavori che gli italiani non fanno più con paghe che nessun italiano accetterebbe. Sfruttati, potremmo dire nuovi schiavi. Che fine hanno fatto le anime candide dell'accoglienza a ogni costo? A loro non interessa che fine fanno le persone che ospitiamo. La linea guida non può che essere quella di accogliere in Italia solo chi può avere un lavoro regolare e può aspirare a una vita civile. Poi c'è l'altra questione. Questo popolo di invisibili serve agli sfruttatori. Ma tutto avviene alla luce del sole. Nei campi. Centinaia di persone impegnate. Visibili a tutti. E dove erano i politici? E gli ispettori del lavoro? E i sindacati? Un fatto del genere può avvenire solo in Calabria o in alcune zone della Campania. Perchè lo Stato non c'è. Ma restiamo a Rosarno, in Calabria. Pensate che in quelle zone possa accadere una qualunque cosa senza il sì della 'ndrina locale? No comanda la mafia. Le caserme dei carabinieri a volte sembrano dei fortini assediati in territorio nemico. In una zona dove il diritto è sempre un favore. Dove per ottenere una cosa ci si deve rivolgere agli amici degli amici. Un territorio che ha la più alta concentrazione di pensioni di invalidità. Dove si erogano contributi a false raccoglitrici di olive. Dove l'assistenzialismo è servito negli anni della prima Repubblica a garantire il consenso. Tutto, oggi come ieri, è regolato e controllato dalla 'ndrangheta. In un modo e con una capillarità che non ha eguali nel Paese. Negli anni settanta e ottanta la Calabria aveva il primato dei sequestri di persona. L'Aspromonte era una zona sicura per i criminali. Impenetrabile. Un territorio ostile per le forze della legalità. I sequestri sono finiti, non per la vittoria delle forze del bene, ma solo quando la 'ndrangheta ha cominciato a guidare le fila del traffico di droga, molto più remunerativo. L'antistato ha solo cambiato tipo di affare. Ha una organizzazione che non lascia spazio a pentiti, decentrata e difficile da smantellare. Con un tante complicità. Così è possibile che lo Stato non si accorga dello sfruttamento e del lavoro nero di migliaia di persone. Così come dei traffici loschi. Del resto non lontano da Rosarno, a Taurianova dei banditi hanno ucciso e poi giocato nella piazza principale con le teste davanti alla folla, indisturbati. In un altro paese della zona. per ore i banditi hanno terrorizzato la popolazione sparando su tutto. E dove era lo Stato? Lontano, assente, intimorito. C'è la possibilità di una qualche attività economica che possa sorgere senza il via libera e la costosa protezione della mafia locale? Controllano il territorio e la vita delle persone. Se gli incidenti sono accaduti a Rosarno e non nel Bresciano o a Lodi, oppure nel Modenese c'è una ragione. Allora, basta finzioni o ipocrisie. A Rosarno sono venuti alla luce due grandi problemi. Riportare la legalità è una grande sfida. Non basta dire, per chi ha rappresentato e rappresenta lo Stato scandalizzarsi o lanciare generiche accuse. È il momento dell'azione. Per tutti. Giuseppe Sanzotta